Complimenti, mettere insieme il 25 luglio e gli ultimi giorni del bunker sotto la cancelleria non era impresa facile. Tenere allacciata l’ambulanza sul retro diretta ai domiciliari e il suicidio nibelungico è davvero prova di una personalità smisurata a cui oggi bisogna rendere omaggio.
I topastri – come i piroettanti Cicchitto e Quagliariello – fuggono a farfalla dalla nave in cui si sono pasciuti per un ventennio; Angelino Alfano depone i denti da latte e tira fuori le zanne di un novello Dino Grandi. Ma mentre loro sono convinti, non a torto, che invece delle sedie della fucilazione di Verona li attenda un futuro di gerarchi della patria, dell’Europa e dei mercati riconoscenti, lui con la matita rossa, chino sulle carte, continua a chiedere dove sono Steiner e Fegelein manovrando inesistenti battaglioni di amazzoni dopo aver dato l’ordine di demolire l’intera struttura su cui si è basata la sua parabola.
Con la Pascale nei panni di Eva Brown, Dudu in quelli di Blondi e il fido Sallusti in quelli di Goebbels, Adolf Benito Berlusconi si avvia ad un finale pirotecnico.
Giù il sipario, applausi.
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