L’azienda Benetton potrebbe lasciare Piazza Affari. Le voci, che si sono rincorse da questa mattina, si sono poi concretizzate nella sospensione del titolo dalle contrattazioni dopo aver toccato un massimo di seduta del 9,3%. E ieri, in controdenza rispetto all’andamento della borsa di Milano, era balzato al 13,1%.
A far girare all’insù la quotazione, le voci secondo cui Benetton potrebbe fondersi con il grande impero spagnolo dell’abbigliamento Zara. Voci subito smentite dall’azienda trevigiana. La società controllante Edizione Holding ha peraltro comunicato di avere allo studio un’offerta pubblica di acquisto sui titoli Benetton non ancora in possesso della controllante. Edizione Holding possiede il 67% di Benetton. L’operazione è finalizzata al delisting, ovvero ad uscire da Piazza Affari. Il titolo rimane sospeso sino a domani, quando ci sarà il consiglio d’amministrazione del gruppo che dovrà decidere sull’Opa.
Lo storico gruppo di Ponzano Veneto, nato dall’idea e dal lavoro di Luciano Benetton, trasformata poi in holding da Gilberto, terzo dei quattro fratelli, ha chiuso il 2011 con ricavi costanti, ma con un utile netto in calo del 30 per cento, a 70 milioni contro i 102 del 2010. Cresciuto anche l’indebitamento netto, passato da 64 milioni a 550, complici i forti aumenti dei prezzi delle materie prime che hanno ridotto i margini di guadagno e la riduzione delle vendite.
Contrazione intermente dovuta, sottolinea l’azienda, all’effetto cambio, e l’area che ne ha più risentito è quella dell’abbigliamento. Non solo: per il 2012 le attese non sono delle migliori. Anzi, si legge in una nota che spiega i risultati preliminari del 2011, “il risultato operativo non potrà migliorare e, in conseguenza del maggior costo del debito, anche il risultato netto sarà soggetto a pressione“, tanto che per la collezione primavera/estate 2012 le previsoni sono di un ulteriore peggioramento.
Sullo sfondo, infine, potrebbero esserci, secondo altre voci di corridoio, anche dissapori familiari sulla gestione della holding che spazia dall’abbigliamento, alla ristorazione (Autogrill), all’immobiliare e agricoltura (Maccarese), alle infrastrutture (Eurostazioni), con altre partecipazioni più piccole nel settore dei media, delle assicurazioni e delle banche. E dunque, forse, l’operazione di delisting potrebbe preludere ad una spartizione dell’impero fra diversi rami della famiglia.
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