Gli americani oggi eleggono il nuovo presidente e noi saremo qui a seguire, in diretta, ogni fase della notte elettorale. Cominceremo intorno alle 23 e staremo qui finché non sapremo come andrà a finire, tra aggiornamenti sui risultati, le proiezioni nei vari stati chiave e le analisi dei grandi esperti di politica USA.

Con i thermos già pieni di caffè, ci immergeremo nell’Election Day per darvi ogni dettaglio, in tempo reale, di quello che sarà uno degli eventi più importanti dell’anno. Sarà una notte lunga e intensa: chi resiste con noi fino alla chiamata dei decision desk conoscerà – forse! – il nome del 47º presidente degli Stati Uniti.


11.35
mercoledì 6 novembre

Trump è il 47° presidente degli Stati Uniti

Donald Trump è stato eletto 47° presidente degli Stati Uniti: una cosa straordinaria per un ex presidente che quattro anni fa ha rifiutato di accettare la sconfitta, ha scatenato una violenta insurrezione al Campidoglio degli Stati Uniti, è stato accusato di 34 reati e condannato in due, ed è sopravvissuto a due tentativi di assassinio. Con la vittoria in Wisconsin, Trump ha ottenuto i 270 voti elettorali necessari per aggiudicarsi la presidenza.

Più tardi i commenti.


06.35
mercoledì 6 novembre

Ci vorranno giorni

Ci vorranno ore, se non giorni per avere i risultati dei sei stati rimasti. Facciamo che ci risentiamo in giornata così ci riposiamo e, forse, al rientro avremo qualche novità più definitiva. A più tardi!


06.25
mercoledì 6 novembre

Seggi chiusi

Tutti i seggi hanno chiuso alle 6 italiane e Trump è in vantaggio nei voti elettorali 230 a 205, a soli 40 Grandi Elettori dalla vittoria. Trump ha già vinto in North Carolina, il primo dei sette stati in bilico, ed è molto probabile che conquisti pure la Georgia. Per vincere, Harris non dovrà fare prigionieri in Pennsylvania, Michigan e Wisconsin, ma Trump ha un vantaggio in tutti e tre.

Mancano ormai solo le chiamate in Pennsylvania, Michigan, Georgia, Wisconsin, Nevada e Arizona; il North Carolina è già stato assegnato all’ex presidente – ma ci vorrà tempo. In questo momento la situazione è fluida ma decisamente a favore dei repubblicani: in Pennsylvania hanno un margine di tre punti, 51 a 48; in Michigan 51.5-46.7; in Georgia 50.7-48.4 (con il 90% di voti scrutinati); in Wisconsin 51-47.4; in Nevada 73 a 26 ma con solo il 10% scrutinato perché c’è ancora molta gente in coda a Reno, e l’Arizona è blu ma per pochissimo, 49.8 a 49.3.


05.55
mercoledì 6 novembre

Trump vince il primo stato in bilico

Con la vittoria del North Carolina, Trump ha fatto un grossissimo passo verso la Casa Bianca: gli mancano infatti solo 40 voti elettorali per vincere le elezioni. Trump ha vinto lo Stato anche nel 2016 e nel 2020, ma i democratici erano ottimisti sul fatto di poter invertire i risultati precedenti con le spese enormi in spot elettorali, le tante presenze e i comizi di Harris. Hanno anche cercato di collegare Trump allo scandalo sessuale del candidato governatore repubblicano Mark Robinson. Ma Trump e il vice JD Vance hanno visitato spesso la North Carolina, spingendo un’agenda economica più protezionista e promettendo di reprimere l’immigrazione illegale e il confine meridionale.

Dopo i 16 Grandi Elettori conquistati, a Donald Trump mancano pochi voti per essere eletto. Alla vicepresidente non sono bastati i 18 voti conquistati con la vittoria in New Mexico e Virginia per tornare in gara. Non fatevi ingannare dal distacco così ristretto, ormai mancano Pennsylvania, Wisconsin e Michigan in cui Trump è avanti di circa tre punti.


05.25
mercoledì 6 novembre

Ci avviciniamo alla fine della giostra

Harris ha vinto la California, l’Oregon e Washington, come ci si aspettava; Trump ha vinto l’Idaho, esattamente come ci si aspettava. Dunque si aspettano solo i tre risultati della Rust Belt, ma in Arizona, nella contea di Maricopa, la più popolosa con 4,5 milioni di persone che comprende all’incirca il sessanta per cento dell’intero stato, dicono che ci vorranno più o meno 10-13 giorni per contare tutte le schede. Il motivo sono le farraginose regole statali per il conteggio delle schede e, soprattutto, che gli elettori dovranno votare un numero incredibile di domande e referendum: mediamente 79 quesiti, quasi tutti per il rinnovo di incarichi elettivi locali, sia politici che amministrativi.


05.05
mercoledì 6 novembre

Novità dal Michigan

In Michigan sono stati contati un quarto delle schede e Trump è in vantaggio di circa 15.000 voti. Nella contea di Wayne, baluardo democratico che nel 2020 ha regalato a Biden 900mila voti, sono state contate solo poche migliaia di schede e il conteggio va molto a rilento. Il Michigan è importante per i democratici perché, insieme a Pennsylvania e Wisconsin, fa parte del “blue wall”, il muro blu che Trump ha infranto nel 2016 dopo decenni di dominio incontrastato dei Dem.


04.55
mercoledì 6 novembre

Washington DC a Harris, Iowa e Kansas a Trump

Kamala Harris ha vinto i 3 Grandi Elettori del Distretto di Columbia e il primo dei due collegi del Maine; Trump ha vinto i sei voti del Kansas e i sei dell’Iowa.

In Wisconsin Harris è in vantaggio di circa un punto con il 50% dei voti scrutinati. Nel 2000, nel 2004, nel 2016 e nel 2020 il margine di vittoria è stato sotto il punto percentuale, con Biden che quattro anni fa ha preso circa 20mila voti in più di Trump su un totale di quasi 3,3 milioni di voti.


04.15
mercoledì 6 novembre

A Trump Wyoming, Louisiana, Utah e Montana; Colorado a Harris

Montana e Utah, rispettivamente 4 e 6 voti elettorali, Wyoming, 3 voti, e Louisiana, 8 voti, sono andati a Donald Trump. Kamala Harris ha invece vinto i 10 Grandi Elettori del Colorado, altro stato storicamente blu. AP dà a Trump 198 voti elettorali nel conteggio nazionale, a Harris esattamente la metà: 99. A questo punto la strada per Harris è abbastanza segnata: se non vince Pennsylvania, Michigan e Wisconsin è fuori dalla gara. Un quarto d’ora fa ha chiuso anche il Nevada, l’ultimo dei sette stati in bilico ancora aperti.


03.55
mercoledì 6 novembre

Finora tutto come previsto

Finora i risultati sono stati poco sorprendenti, e con la chiusura dei seggi nella maggior parte del paese sta andando tutto come previsto alla vigilia. Trump ha vinto in stati storicamente repubblicani tra cui Florida, Alabama, Mississippi e Texas, mentre Harris ha vinto nella fascia del New England e del nord-est, tra cui New Jersey e New York.

In questo momento l’attenzione dei decisori si sta spostando verso gli stati orientali, ossia Georgia e North Carolina con Trump in vantaggio col 52% in tutti e due, e della Pennsylvania dove il vantaggio di Harris, come dicevamo pochi minuti fa, è soggetto a repentini cambiamenti.


03.35
mercoledì 6 novembre

In attesa della Pennsylvania

Con meno del 25% dei voti scrutinati, Harris è in vantaggio su Trump di circa 17 punti, 58% a 41%. Tuttavia, questa differenza in uno stato chiave così importante e statisticamente in bilico, è irrilevante e spiegarlo è facile: finora sono state scrutinate quasi solamente le schede del voto anticipato delle quattro contee “blu” – Philadelphia, Allegheny, Montgomery e Delaware -, e, anche se Harris sta facendo meglio di Biden nel 2020, una volta che verranno scrutinate le schede votate ieri i numeri, con molta probabilità, si assottiglieranno parecchio o, addirittura, ci potrebbe persino essere il sorpasso di Trump. Va considerato anche un altro fattore, e cioè che la Pennsylvania è prevalentemente rurale, quindi a maggioranza repubblicana. Sia Nate Silver che il Times, infatti, ieri li davano in perfetta parità.


03.20
mercoledì 6 novembre

Harris vince a New York, Trump in Texas

Donald Trump ha vinto i tre voti elettorali del North Dakota e i tre del South Dakota, più il voto popolare in tutto lo stato del Nebraska per la terza elezione consecutiva, ricevendo due voti del collegio elettorale. Il Nebraska è uno dei due stati che dividono i voti elettorali con due voti che vanno al vincitore di tutto lo stato e uno a testa al vincitore di ogni distretto congressuale (l’altro è il Maine). Trump ha vinto anche in Ohio, prendendosi i 17 voti elettorali, e il Texas – storica roccaforte repubblicana – e i suoi 40 Grandi Elettori: l’ultimo democratico a vincere in Texas fu Jimmy Carter, 50 anni fa.

La vicepresidente Kamala Harris ha vinto la competizione presidenziale di New York, raccogliendo i 28 voti elettorali dello stato. New York ha votato per il partito democratico in ogni competizione presidenziale da quando ha dato la vittoria a Ronald Reagan nel 1984. Donald Trump cercato di guadagnare terreno nel suo stato d’origine, ma ha perso New York in ciascuna delle sue tre corse per la Casa Bianca. Il bottino di voti elettorali di New York è il quarto più ricco, dopo California, Texas e Florida, ma ha un voto in meno rispetto a quattro anni fa a causa degli spostamenti della popolazione.


02.55
mercoledì 6 novembre

Harris vince in Illinois, New Jersey e Delaware, la Florida boccia il referendum sull’aborto

I 36 Grandi Elettori di Illinois, New Jersey e Delaware sono andati a Kamala Harris, confermandosi anche stavolta tutti stati democratici. Il totale è 101 a 71 per Trump.

Gli elettori della Florida, oltre a dare 30 Grandi Elettori a Donald Trump, hanno bocciato l’emendamento sul diritto all’aborto proposto da un referendum che voleva aggiungerla nella Costituzione statale. Hanno quindi lasciato in vigore il divieto d’interruzione volontaria di gravidanza a 6 settimane promosso dal governatore Ron DeSantis. L’iniziativa non è riuscita a raggiungere il necessario 60% di consensi richiesti per legge, una soglia che ha messo in difficoltà fin dall’inizio i sostenitori in uno stato conservatore come la Florida dove l’influenza dei radicali repubblicani – più che di Donald Trump – ha avuto un peso rilevante. Durante la campagna, infatti, Trump stesso aveva dichiarato pubblicamente di opporsi alla proposta, esortando i suoi sostenitori a respingerla. Non l’hanno ascoltato.


02.40
mercoledì 6 novembre

Trump vince in Arkansas

I 6 Grandi Elettori dell’Arkansas sono andati a Trump, sia per CNN che per AP. Lo stato nativo di Bill Clinton non vota democratico dal 1996, l’anno in cui il suo figlio più famoso venne eletto presidente.


02.10
mercoledì 6 novembre

Altre chiamate

Tennessee, Oklahoma, Alabama, Mississippi, South Carolina, Florida portano 69 Grandi Elettori a Trump. Maryland, Connecticut, Massachusetts, Rhode Island portano 32 Grandi Elettori a Harris. La situazione dei voti elettorale è la seguente.


01.50
mercoledì 6 novembre

West Virginia a Trump

AP, Times e CNN danno il West Virginia a Trump.


01.43
mercoledì 6 novembre

Georgia record di elettori

Il segretario di Stato della Georgia ha detto che nello stato hanno votato quasi 5.5 milioni di elettori: un milione e mezzo di persona e altri quattro milioni in anticipo nelle varie forme (posta, ai seggi o nelle cassette postali, le “drop box”). Il dato, non ancora nemmeno definitivo, ha superato il precedente record di 4.9 milioni del 2020, in piena pandemia.


01.25
mercoledì 6 novembre

Anche CNN chiama gli stati

Anche CNN chiama Indiana e Kentucky per Trump, e Vermont per Harris.


01.10
mercoledì 6 novembre

Indiana e Kentucky a Trump, Vermont a Harris

AP dà le prime chiamate appena chiusi i seggi: Trump ha vinto in Indiana col 61% e Kentucky col 71% (11 e 8 voti elettorali), mentre Harris ha vinto i tre voti elettorali del Vermont. A livello nazionale, 53 a 47 per Trump. Va ricordato che non sono dati ufficiali ma “chiamate” ufficiali di Associated Press.


00.45
mercoledì 6 novembre

Gli altri candidati

Donald Trump e Kamala Harris non sono gli unici candidati alla Casa Bianca, ce ne sono altri due: Jill Stein, del Partito dei Verdi che è abbastanza nota per essersi candidata anche nel 2016 e del 2020 in cui ha preso circa l’un per cento dei voti entrambe le volte; e Chase Oliver, dei Libertari, di cui il New York Times ne traccia una biografia che, sai mai, potrebbe interessarvi.


00.35
mercoledì 6 novembre

A Milwaukee riconteggiano le schede

I funzionari elettorali di Milwaukee, in Wisconsin, stanno ricontando più di 30.000 schede elettorali perché le chiusure delle buste non sono state perfettamente sigillate. Il riconteggio è stato fatto “per un’abbondanza di cautela“, ha detto un portavoce della Commissione elettorale della città, e stanno decidendo se contarle tutte per essere “completamente, completamente trasparenti“. Il problema era dovuto a un errore umano. Intanto, nella contea di Fulton, in Georgia, sono stati chiusi i seggi per breve tempo a causa di diversi allarmi bomba che sono state ritenute poi non credibili. Per cui, in cinque seggi della contea, la chiusura è stata posticipata di circa 45 minuti.


00.13
mercoledì 6 novembre

Rilevazioni

AP VoteCast, cioè il sistema di rilevamento di Associated Press, ha pubblicato un sondaggio sul tema dominante di queste elezioni: il 39% degli intervistati dicono che sia l’economia e il lavoro, il 20% l’immigrazione, l’11% l’aborto, l’8% la salute e il 7% il clima. Il restante 15% si divide tra politica estera, razzismo e altri argomenti minoritari.


00.09
mercoledì 6 novembre

Quando chiudono i seggi

Mettetevi comodi. A mezzanotte di martedì – cioè di ieri sera, visto che è mezzanotte passata – chiuderanno Indiana e Kentucky; all’una Georgia (stato chiave), Vermont, Virginia e South Carolina; alle 2 chiudono un bel gruppone di stati che comprende Ohio, West Virginia, Alabama, Florida, Mississippi, Missouri, Oklahoma, Tennessee, Connecticut, Delaware, Illinois, Maine, Maryland, Massachusetts, New Hampshire, New Jersey, Rhode Island, Washington DC, e due di quelli in bilico: North Carolina e Pennsylvania. Gli altri in bilico sono Michigan, Wisconsin e Arizona che chiudono alle 3, e il Nevada alle 4.


23.55
martedì 5 novembre

Voto anticipato

Col passare degli anni, la necessità di votare anticipatamente è più sentita ed è diventato un modo per garantire la partecipazione anche a chi non poteva presentarsi il giorno delle elezioni. In California, nel 1978, fu concesso per la prima volta il voto anticipato senza giustificazione, aprendo la strada a una pratica oggi comune in tutto il paese. Oggi, il voto anticipato è un fenomeno osservato con grande attenzione: il 30% di americani ha già votato – parliamo di circa 75 milioni di elettori su un potenziale di 250 – e c’è un aumento tra i repubblicani negli stati chiave. È un cambio interessante perché, in passato, erano i democratici a preferire il voto anticipato. Questa volta, Trump ha incoraggiato i suoi a votare prima, anche se alterna messaggi confusi: da una parte spinge il voto anticipato, dall’altra solleva dubbi sui brogli. In realtà, gli studi mostrano che i brogli sono rarissimi, meno dello 0,00006% dei voti per corrispondenza. Ci si aspetta comunque un’affluenza parecchio alta, e sarebbe un’ulteriore dimostrazione della capacità di Trump di polarizzare e di mobilitare l’elettorato: il suo e, per riflesso, quello democratico.


23.39
martedì 5 novembre

Iniziamo il nostro live con una bella novità: Trump ha scritto su Truth di “enormi” brogli elettorali a Philadelphia, in Pennsylvania (smentito immediatamente dalle autorità cittadine). La Pennsylvania è il più importante dei 7 swing states e assegna 19 voti elettorali.


Per prepararci, iniziamo con qualche informazione di base, giusto il riscaldamento per la lunga maratona elettorale.

Gli orari dei seggi

I seggi non aprono tutti alla stessa ora: avendo 5 fusi, ci ritroviamo New York che ha aperto alle 8 (mezzogiorno ora italiana), e le Hawaii che hanno aperto poco fa, alle 18, ma sull’isola erano le 7. La chiusura è per tutti alle 20, sempre ora locale, che per noi corrispondono alle prime ore dell’alba di mercoledì 6 novembre. L’ultimo stato a chiudere i seggi è l’Alaska, domattina alle 7 italiane.

Come si vota

Le elezioni presidenziali negli Stati Uniti funzionano attraverso un sistema particolare basato sul Collegio Elettorale. In pratica, gli elettori non votano direttamente per il presidente, ma scelgono i cosiddetti “grandi elettori“, cioè i delegati di ogni stato, che sono proporzionati alla popolazione e corrispondono al numero di deputati eletti alla Camera dei Rappresentanti a Washington. 

La maggior parte degli stati adotta un approccio “winner-takes-all”, dove il candidato che prende anche un voto popolare in più dell’avversario si porta a casa tutti i grandi elettori – ad eccezione di Maine e Nebraska che utilizzano il metodo proporzionale. Per diventare presidente ne servono 270 su un totale di 538 grandi elettori. Il vero scontro si gioca negli stati in bilico, conosciuti come “swing states“. Quest’anno sono sette: Arizona, North Carolina, Georgia, Nevada, Michigan, Wisconsin e Pennsylvania. Tuttavia, gli ultimi tre – Michigan, Wisconsin e Pennsylvania – sono i più determinanti poiché facevano parte del “Blue Wall“, un gruppo di stati tradizionalmente democratici che Trump riuscì a strappare nel 2016.

Le elezioni si tengono ogni quattro anni, il primo martedì di novembre. Dopo il voto popolare, i grandi elettori si riuniscono a dicembre per esprimere ufficialmente il loro voto, mentre il Congresso certifica i risultati a gennaio. In caso di pareggio o di stallo, è la Camera dei Rappresentanti a scegliere il presidente, mentre il Senato si occupa di eleggere il vicepresidente. Il giuramento del presidente degli Stati Uniti avviene il 20 gennaio, generalmente sulla scalinata del Campidoglio a Washington. Dopo il giuramento ha ufficialmente inizio il mandato presidenziale. Lo spiegone “grosso” è qui.

I sondaggi

I dati dal 27 al 31 ottobre andavano bene per Harris, ma il weekend ha riportato Trump in vantaggio. Un sondaggio in Pennsylvania di AtlasIntel, tradizionalmente più favorevole ai repubblicani, dava un vantaggio di due punti a Trump e un altro di Echelon Insights mostrava Harris addirittura in calo di 5 punti nello stesso stato. Sempre in Pennsylvania, nella media del Silver Bulletin, è avanti Trump di 0,8 punti ma è staccato in Wisconsin e Michigan dove Harris mantiene un piccolo ma costante vantaggio. Un sondaggio di CNN della scorsa settimana sugli elettori che hanno già votato ha visto in testa Harris: il 61% in Michigan, il 60 in Wisconsin e il 57 per cento in Pennsylvania hanno detto di aver dato il proprio voto per la vicepresidente democratica.

Se siete impallinati di sondaggi, avrete notato che Ann Selzer ha pubblicato un sondaggio che dà Kamala Harris in vantaggio di 3 punti in Iowa. C’è però da considerare un altro sondaggio dello stesso giorno, condotto dall’Emerson College, che mostra Trump avanti di ben 9 punti. Tuttavia una cosa è certa: per il Silver Bulletin le probabilità di Harris in Iowa sono cresciute, passando dal 9% al 17%.

C’è un altro dettaglio da tenere a mente: questo sondaggio incide poco sui numeri complessivi del collegio elettorale, perché l’Iowa ha solo l’1% di probabilità di essere lo stato decisivo. Se Harris vince l’Iowa, è probabile che stia conquistando anche altri stati chiave del Midwest come Michigan e Wisconsin, cosa che la metterebbe in una posizione comoda per il Collegio Elettorale. Quindi, per la maggior parte delle simulazioni, l’Iowa non sarebbe nemmeno necessario. Poi c’è un’altra cosa che è talmente importante da relativizzare tutto il resto, e la spiega proprio Silver: «il margine di errore per la differenza che separa i candidati in un sondaggio di quelle dimensioni è di ±6,6 punti. Ciò significa che, in teoria, in 95 casi su 100, il numero “reale” dovrebbe essere da qualche parte tra Trump +3,4 e Harris +9,6 se Selzer avesse intervistato ogni singolo elettore dell’Iowa invece di un campione di 808 persone».

In ogni caso, avere un sondaggio di qualità e autorevole come quello di Selzer, in un momento in cui la maggior parte degli altri sondaggisti è vicina a dare Harris per sconfitta, potrebbe far riflettere anche gli altri, spingendoli a considerare una riduzione delle stime di Trump su Harris. Nel caso il vostro scetticismo sia deplorevole, il rovescio della medaglia è giusto questo 🙂

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