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Quello che sta succedendo alla Juventus in questi ultimi mesi ha dell’incredibile. La squadra di Allegri ha vinto le ultime otto partite di campionato senza subire gol, ha subito solo 7 reti – di cui 6 su azione – dall’inizio di questa stagione ed ha la migliore difesa della Serie A staccando la seconda in classifica, il Napoli, di ben 6 lunghezze. Gli 8 clean sheet consecutivi (porta inviolata), aggiunti ai 4 compiuti dalla prima alla nona giornata, la collocano al secondo posto nella speciale classifica delle squadre che hanno tenuto la porta intatta più a lungo (al primo posto c’è il Cagliari del 1966/67 che ne totalizzò 13 dopo 17 giornate, uno in più di questa Juve). Questi dati però non coincidono, in realtà, con una reale solidità difensiva, ma piuttosto con un apparente periodo d’oro della squadra.

I dati.
Partiamo da un dato analitico: gli Expected Goals (xG). Gli Expected Goals misurano la probabilità che un tiro diventi un gol. Dall’analisi di ogni tiro viene assegnato un valore che varia da 0 (0% impossibile segnare) a 1 (100% gol certo), a seconda dell’accuratezza del modello adottato: l’angolo di tiro, la distanza dalla porta, la parte del corpo con cui si tira, il numero e la posizione dei difensori e del portiere, altezza dell’impatto col pallone, la tipologia di assist ricevuto, etc. etc. Insomma, una vagonata di dati. In base alla media dei tiri scoccati in condizioni simili e dividendo quelli trasformati in rete sul numero totale, si ottiene un valore compreso tra 0 ed 1 che è appunto l’xG. Ora, i sei gol subiti su azione dalla Juve sono nati da 19,8 Expected Goals concessi, cioè 19,8 tiri avevano ottime probabilità di insaccarsi in rete, ma meno di un terzo ci è riuscito veramente.

Ad ogni partita, tra l’altro, la Juve ha avuto una prestazione a livello di gioco molto scadente, che è andata peggiorando nella gara successiva e in quella dopo e dopo ancora, quasi esponenzialmente. Con tutto ciò, inspiegabilmente, i tre punti li portava a casa lo stesso. Gli avversari della Juve avevano avuto parecchie occasioni per segnare; ma anche qui, inspiegabilmente, non segnavano in nessun modo.

Che ha fatto Allegri per stravolgere la squadra di inizio stagione? Nulla. E tanto.

La porta.
Le motivazioni per questa grande differenza la fanno gli uomini in campo. Metti Wojciech Szczesny, ad esempio: da anni è uno dei migliori portieri della Serie A; in questa stagione, poi, la media in pagella è salita parecchio al punto che, dati alla mano, ha le migliori statistiche del campionato con l’89% di parate, la miglior differenza negli xG tra probabilità e gol realmente subiti rispetto al portiere medio, +3 negli xG dei tiri in porta (cioè, avrebbe dovuto subire 3 gol in più: xGOT-GA, dove xGOT sono i tiri subiti e i GA i gol subiti). Considerando che 5 delle ultime 8 partite sono state vinte per 1-0, il dato statistico del portiere polacco, da solo, vale almeno la metà dei 24 punti incassati.

Fase difensiva.
Anche la difesa gioca un ruolo importante nelle statistiche juventine, ma non è fondamentale. A differenza di Szceszny, il reparto arretrato non spezza il gioco avversario ma lo costringe ad essere poco pericolosa al tiro. Pur concedendo tanto – solo Spezia, Empoli, Cremonese, Verona e Salernitana concedono di più – la Juve è terza dopo Roma e Napoli per tiri subiti nello specchio della porta.

La Juve non cerca quasi mai di recuperare palla in alto, e nemmeno pressa in maniera intensa: è 15esima per PPDA, ossia il rapporto tra il numero di passaggi effettuati dalla squadra che imposta e il numero di azioni difensive – tackle, intercetti e falli – compiute dalla squadra che aggredisce senza palla: più è basso il valore, più alta è stata la pressione applicata dalla squadra in fase di non possesso.

Concede tantissimi passaggi agli avversari (solo il Lecce concede di più) e in fase difensiva tende ad abbassarsi moltissimo (14esima per baricentro medio in difesa, 33 metri) ma comprime gli spazi alla perfezione, soprattutto in area, vincendo quasi sempre gli uno-contro-uno (solo il Milan fa meglio). Ciò significa che gli avversari fanno girare di più il pallone, fanno più passaggi nella trequarti ma raramente riescono a entrare in area di rigore. Il dato si differenzia notevolmente tra il fuori area e dentro l’area: la Juve è penultima per tocchi concessi nella propria trequarti, ma è quinta per quelli concessi all’interno della propria area.

Logica vuole che per entrare in area bianconera gli avversari dovrebbero crossare di più, ma i dati indicano che dalle parti di Szceszny arrivano meno di due cross a partita. Il merito è di centrocampo e difesa: i due reparti costringono gli avversari a giocare prevalentemente in mezzo al campo, zona in cui i passaggi e i duelli aumentano e spessissimo i bianconeri ne escono vincitori. Recuperata la palla c’è poi da correre verso l’area avversaria, e qui entra in scena Filip Kostic, uno dei giocatori che in campionato guadagna più metri palla al piede.

Il tiro da fuori resta quindi l’unica vera occasione per gli avversari di arrivare al gol. La Juve ha concesso finora 7,7 tiri a partita (solo lo Spezia ha fatto peggio), però quasi tutti inefficaci perché forzati e da lontano: 21 metri di media. Per cui, nonostante gli xG dei tiri concessi siano di 19,8, l’xG sulla pericolosità media del tiro è ridimensionato a 0,09, il migliore in campionato. Questo fa capire che il dato di xG iniziale non è coerente con la realtà perché è la somma delle varie occasioni, mentre prese singolarmente diventano di difficile trasformazione.

Infortuni.
Giocare in questo modo però è fisicamente e mentalmente molto dispendioso. La Juve, togliendo i Next Gen portati occasionalmente in prima squadra, ha una difesa abbastanza avanti con l’età – 29,2 anni di media – e anche il centrocampo non è baby con i suoi 26,4 anni. Il tutto coincide con un maggior rischio infortuni rispetto ad altre squadre, lo si è visto in questa prima parte di stagione. Gli innesti dei giovani Miretti, Fagioli, Soulé, Iling-Junior, Ake e Kaio Jorge fanno ben sperare per un immediato ringiovanimento della rosa, ma da solo non può bastare.

2016 vs 2023.
I giornali in queste settimane si sono divertiti a fare il paragone tra la Juve della stagione 2015/16 e questa. L’unico fattore comune è l’andazzo nella prima parte di stagione e la scarsa pericolosità del tiro lasciato all’avversario: quella Juve partì malissimo come questa, ma poi ribaltò il tavolo con un filotto di 25 vittorie su 26 partite di cui 14 consecutive dall’undicesima alla 24esima giornata (tutto partì dal derby, come quest’anno). Anche quella volta Allegri sistemò la difesa – la mitica BBC, Barzagli-Bonucci-Chiellini – ma il modo di difendersi era profondamente diverso.

I dati parlano chiaro: quella Juve aveva un xG per conclusioni avversarie di 0,08 (non troppo distante dall’attuale 0,09), la percentuale dei duelli vinti era del 60% (56% oggi), il baricentro medio era il più alto del campionato a 37 metri (33 oggi), era sesta per recuperi palla e PPDA, prima con solo 6 tiri in open-play – su azione – (7,7 oggi), prima per passaggi concessi in area (2) e prima per xG concessi (4 a partita, 19,8 oggi). La differenza la faceva la quantità di gioco lasciato agli avversari: con i  numeri attuali nessuna squadra ha mai vinto lo scudetto, se ci riuscisse la Juve di oggi sarebbe un unicum in tutta la storia del calcio.

 

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