Martedì sera Kamala Harris è salita sull’Ellipse, il prato storico vicino alla Casa Bianca, per concludere la sua campagna elettorale con un messaggio chiaro: ricordare agli americani il recente passato del Paese. Il luogo non è casuale. È lo stesso luogo in cui, il 6 gennaio 2021, Donald Trump aveva radunato i suoi sostenitori per marciare verso il Campidoglio, dando avvio a una rivolta che ora lui definisce un “giorno d’amore.”
Questa scena, simbolica e drammatica, riflette quanto queste elezioni siano anomale e cariche di tensione. Da un lato c’è un candidato ancora sotto processo per aver tentato di ribaltare i risultati delle precedenti elezioni; dall’altro, una vicepresidente che chiude la campagna proprio nel luogo simbolo di quell’insurrezione, per ricordare quanto sono in gioco i valori democratici. E in ballo non c’è solo un voto, ma il rischio di un uso strumentale del potere esecutivo per colpire i nemici politici, o peggio, usare l’esercito contro i cittadini.
È una campagna come mai se ne sono viste prima
Abbiamo assistito a molte elezioni controverse in America, ma nulla di paragonabile a questa. Mai prima d’ora un candidato è stato così chiaramente accusato di voler governare come “un fascista” o “un dittatore” e proprio da chi lo conosce meglio come il suo ex capo dello staff John Kelly. Trump trascorre l’ultima fase della campagna intensificando minacce contro i rivali politici e, in un’ennesima anomalia, nega persino di aver lodato Hitler.
Ian Bassin, ex consigliere della Casa Bianca sotto Obama e ora leader di Protect Democracy, ha commentato: “Bisognerebbe tornare alla Guerra Civile per trovare un’elezione così importante e pericolosa per la libertà degli americani e per l’idea stessa di America.”
Il senso di straniamento si estende ben oltre l’Ellipse. Gli Stati Uniti sono un Paese diviso e in stallo, costretto a riflettere sulla vera natura del potere presidenziale. Il clima elettorale è surreale: al presidente della Camera repubblicano si alludono “piccoli segreti” per il dopo-elezioni, urne elettorali vengano incendiate a Portland, e le scuole chiudono in Pennsylvania per “eccesso di cautela” durante i comizi di Trump. Gli americani sono ormai abituati a un livello di violenza politica senza precedenti, come dimostrano i due attentati alla vita di Trump.
Il razzismo nell’aria
Mentre Harris ricorda al Paese i rischi di questa deriva, Trump e il suo staff minimizzano, liquidando come “paure infondate” le accuse di antidemocrazia. Per loro, queste accuse sono solo una strategia per impaurire gli elettori. Trump ha dichiarato in Georgia: “La nuova linea di Kamala e della sua campagna è che chiunque non voti per lei è un nazista,” anche se Harris non ha mai pronunciato un’osservazione del genere. Lui stesso si è poi definito “l’opposto di un nazista.”
Intanto, la campagna di Trump fatica a contenere le conseguenze del comizio finale di New York tenutosi domenica al Madison Square Garden, dove il suo discorso è stato messo in ombra dalle frasi razziste e misogine dei suoi oratori sul palco. Tra tutte, la battuta su Porto Rico come “isola galleggiante di spazzatura” ha scatenato una forte reazione tra i portoricani, una comunità chiave in molti Stati, portando alla mente l’atteggiamento sprezzante di Trump verso il territorio statunitense durante la sua presidenza.
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