QUESTO ARTICOLO HA PIÙ DI 11 ANNI.    

Tra qualche giorno sapremo in cosa consisterà il Job Act di Matteo Renzi. Sapremo se si incolonnerà nella ormai ventennale autostrada dell’offerta, cioè rendere più facili i licenziamenti; oppure rendere più elastici i contratti di entrata, mettendosi in scia ai vari Treu, Biagi, Maroni, Sacconi, Fornero. Oppure se capirà che è il caso di cambiare drasticamente rotta. Mi piacerebbe sentirgli dire, e veder scritto, quello che John Cridland – direttore generale della Cbi, la Confindustria britannica – ha detto nel suo messaggio di fine anno ai 240mila imprenditori aderenti: dovete pagare di più i vostri dipendenti. Mi piacerebbe sentirgli dire, e leggere, quello che il premier giapponese Shinzo Abe ha detto a Toyota, Sony e Nintendo: dovete pagare i vostri dipendenti più del tasso di inflazione programmato. Mi piacerebbe che, oltre a parlare dello sfondamento del tetto del 3 per cento adesso che l’inflazione è allo 0,7, Renzi imponesse l’aumento del salario in base all’aumento della produttività. Cioè che pensasse a rimettere in vita il mercato interno invece che a pensare solo alla competizione sui prezzi per le esportazioni. Mi piacerebbe.