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Nel discorso di ieri al Senato per chiedere la fiducia, Monti ha sparigliato le carte nei partiti creando ulteriore confusione al loro interno. Si è capito che il Terzo Polo è entusiasta del professore e tale entusiasmo è stato ribadito più e più volte sia da Casini che da Rutelli dando carta bianca al governo. Il Pd è anch’esso entusiasta del programma Monti, ma deve fare i conti con gli alleati della sinistra estrema e quella al suo interno. Il Pdl ha dato appoggio al nuovo governo, ma sia i malpancisti che lo stesso ex premier sono nel panico per una serie di fattori inerenti alle prove che questo governo dovrà superare.


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Le reazioni interessanti di Pdl e Lega rischiano di intasare gli scontri all’interno del centro-destra ancora capeggiato da Silvio Berlusconi.  Il Cavaliere è in mezzo alla burrasca pidiellina per via dell’appoggio a Monti: tenere unito un partito allo sbaraglio non è affatto facile, tanto che l’ex premier ha dovuto far buon viso a cattivo gioco dichiarando che il suo partito è pronto a staccare la spina al governo in qualsiasi momento (frase smentita oggi alla Camera).

Non è facile, per Berlusconi, fare ciò che dice. E non è facile almeno per due motivi. Il primo è semplicemente un motivo di convenienza: se Monti riuscisse a portare a termine i compiti che l’Europa ci ha assegnato, questo si tramuterebbe in un orgoglio della destra perché vorrà dire che avevano ragione a fare quel tipo di riforme. Di contro, potrebbe voler anche dire che il governo passato non è stato capace di approvare delle leggi necessarie per il paese, scontrandosi ogni giorno con i membri della stessa maggioranza oltre che dell’opposizione.

Il secondo motivo è ben più futile. In questo momento Lega e Pdl sono lontanissimi dalla vecchia alleanza che li ha visti legati per quasi un decennio, e la contro-prova non viene solo dalla Lega che sta all’opposizione e il Pdl in maggioranza, bensì dalle posizioni assolutamente distanti tra i due partiti. Paradossalmente, al momento di staccare la spina, Berlusconi potrebbe avere un ottimo alleato per far cadere il governo. Questa scelta, però, a lungo andare si dimostrerebbe controproducente per entrambi: Pdl e Lega erano lo zoccolo duro della vecchia maggioranza; in questo momento però, insieme, sono minoranza parlamentare per far cadere il governo Monti, e non possono sperare nemmeno nell’altro grande oppositore del presidente del Consiglio, Di Pietro, perché significherebbe anche per lui andare contro natura alleandosi col nemico. Poche, quindi, le ipotesi sensate di non far durare l’attuale esecutivo fino al termine naturale della legislatura.

Nel Pd il discorso e inversamente proporzionale ai problemi della destra. Bersani, confermando oggi alla camera l’appoggio dei Democrat a Monti – facendo tra l’altro un ottimo discorso – ha garantito il massimo impegno del suo partito nel sostenere l’esecutivo. C’è un però che aleggia dalle parti di Sant’Andrea delle Fratte: il metodo con cui questo governo affronterà il tema del lavoro e delle pensioni.

Monti ieri sosteneva l’equità e la crescita. Temi cari al centro-sinistra – al Pd in particolare – ma che hanno fatto alzare i toni dello scontro all’interno della dirigenza democratica perché i contenuti, il metodo di lavoro che vuole attuare il premier, è pari pari al disegno economico del giuslavorista del Pd senatore Ichino. In teoria al Nazareno dovrebbero essere ben felici della scelta. Scelta però che poco si sposa con quella del responsabile economico Fassina, del responsabile affari istituzionali Orfini, e soprattutto non si sposa con l’idea di welfare e di lavoro che ha il segretario Bersani. E’ vero che Bersani è stato l’unico ministro in Italia che ha liberalizzato qualcosa, però l’idea di welfare e di lavoro del segretario è antiquato rispetto ai tempi che stiamo vivendo: la proposta di Ichino è per una flexsecurity moderna e fuori dai parametri ristretti della centralità statale, per un mercato del lavoro ad alta flessibilità e con un testo unico per i contratti lavorativi privilegiando le forme private a quelle collettive. Nella bozza Ichino non si parla di abolire l’Art. 18, benché verrà ritoccato, ma di non validarlo per i nuovi assunti; mentre chi è attualmente forza lavoro riceverà gli stessi trattamenti che la legge consentiva prima della nuova legislazione.

Con il sostegno al governo però cozzano due ideologie: quella di destra e quella di sinistra. Indubbiamente l’esecutivo che il Parlamento ha dato la fiducia è più spostato a destra che a sinistra; le riforme che si appresta a proporre alle due Camere sono sì quelle richieste dall’Europa, ma fondamentalmente sono le stesse riforme che in questi tre anni e mezzo la minoranza si è opposta con tutte le forze. Per cui è molto difficile da capire, per un profano della politica, come mai durante il governo Berlusconi le stesse leggi venivano tacciate come irresponsabili e antidemocratiche, mentre adesso – vuoi per la crisi, vuoi perché lo ordina Bruxelles – l’opposizione si appresta a votare a larga maggioranza queste norme.

Nel centro-destra il discorso è esattamente lo stesso: Monti ha illustrato un programma economico identico a quello proposta dalla scorsa maggioranza, ma con la beffa di vederlo probabilmente approvato, cosa che il governo precedente non è stato in grado di realizzare. Ma non è solo il programma economico. Anche in politica estera Monti ha spiegato che l’Italia deve sapere stoppare chi in Europa avanza politiche dannose per l’Italia evidenti riferimenti ad Angela Merkel): esattamente quello che vuole Giuliano Ferrara, con la beffa che il direttore del Foglio si è sentito dire che per tornare a contare in Europa e ottenere una politica dell’euro buona anche per noi, era indispensabile mettere da parte Berlusconi.

La posizione della Lega, che come unico partito d’opposizione avrebbe la posizione più facile, è ugualmente imbarazzante. Roberto Calderoli ha parlato di «macelleria sociale» nel programma di Monti sentendosi rispondere dagli ex alleati di centrodestra che il Premier ha parlato piuttosto di “equità”. Il problema della Lega in realtà è un altro: Monti ha detto che sul patto di stabilità interno ci vuole più controllo statale, ha messo un ministro alla “cooperazione nazionale” mostrando che di federalismo in Italia non c’è neppure l’ombra. Come farà, il Carroccio, a dire ai suoi elettori che stando al governo non ha intascato nulla?

Per tutti, questa sera, il problema è sopire le tensioni. A gongolare sarà quindi Monti che ha spiegato che suo compito è «riconciliare ulteriormente i cittadini e le istituzioni, la gente e i partiti». Alla fine dovranno ringraziarlo tutti. O almeno si spera.
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