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Glossario:
Ad Tech, acronimo di Advertising Technology, tecnologia pubblicitaria, è un termine usato per descrivere la tecnologia e i servizi di fornitura di pubblicità digitale. Include diversi elementi, dai server pubblicitari e le reti di distribuzione ai software di analisi e le piattaforme di attribuzione. Questo tipo di tecnologia fa sì che gli annunci pubblicitari vengano veicolati nel modo più efficace possibile sia per gli inserzionisti che per gli editori. L’Ad tech aiuta a misurare le prestazioni tenendo conto della percentuale di clic (Click-Through Rate, CTR), del costo per acquisizione (Cost Per Acquisition, CPA) e di altre metriche. Fornisce inoltre dati demografici come fascia d’età, sesso, ecc., in modo da consentire ai responsabili di marketing di indirizzare più efficacemente le loro pubblicità a gruppi specifici di utenti.

Le aziende dell’Ad-Tech sono molto redditizie: usano le nostre app, le nostre smart tv, le nostre auto e la maggior parte dei siti web per spiarci e guadagnare parecchi milioni ogni anno. La loro fame di dati è insaziabile. Ma c’è di più: si è sviluppata un’intera industria secondaria di “mediatori” che si offrono di acquistare la nostra cronologia di acquisti, i nostri dati di localizzazione e persino i nostri dati medici e giudiziari. Questi dati vengono costantemente revisionati dall’industria dell’Ad-Tech per assicurarsi che i documenti non consensuali di dati privati, sensibili e potenzialmente compromettenti che queste aziende compilano su di noi, siano sempre aggiornati.

La sorveglianza commerciale in tre fasi

  • Tracciamento
    In modo critico e silenzioso, i tracciatori raccolgono informazioni comportamentali, tipo le nostre interazioni con le app e la cronologia di navigazione. Queste informazioni vengono poi condivise con aziende di pubblicità e intermediari di dati.
  • Profilazione
    Le aziende o le agenzie di pubblicità e gli intermediari dei dati che ricevono queste informazioni cercano di collegarle a ciò che già sanno sull’utente profilato. Questi tracker traggono conclusioni sul loro bersaglio: cosa gli piace, che tipo di persona è (inclusi dati demografici come età e genere) e su cosa potrebbe essere interessato a comprare, a che eventi partecipare o per chi votare.
  • Targetizzazione
    Le aziende di pubblicità utilizzano i profili che hanno creato o ottenuto dagli intermediari dei dati per indirizzare la pubblicità. Attraverso siti web, app, tv e social media, gli inserzionisti utilizzano i dati per mostrare messaggi personalizzati a persone specifiche, tipi di persone o gruppi.

I dati come danno sociale

La raccolta e l’elaborazione dei dati causano innumerevoli danni sociali: alimentano discriminazioni nel campo lavorativo e abitativo, rappresentano l’ingresso principale per truffe predatorie o, addirittura, finendo nelle mani di istituzioni o potenze straniere ostili possono creare un danno serio al paese. Senza un controllo preventivo sul compratore, i dati sensibili riescono a fornire informazioni specifiche agli artisti della frode per individuare bersagli vulnerabili e ai molestatori per rintracciare le loro vittime.

L’intero ambiente digitale è distorto per agevolare questa sorveglianza generalizzata. I nostri dispositivi mobili ci assegnano identificatori di tracciamento di default e questi tracciatori univoci si diffondono attraverso spazi fisici e digitali, tracciando con il massimo dettaglio la nostra vita.

Pertinenze

Tutto ciò viene giustificato con il pretesto di sostenere la cultura e l’informazione. L’industria della pubblicità comportamentale sostiene che attraverso questa sorveglianza può offrire un valore maggiore per tutti: gli inserzionisti possono mirare con precisione al pubblico che desiderano raggiungere; gli editori ottengono pagamenti elevati per associare l’utente giusto all’annuncio giusto; l’utente beneficia solo di annunci altamente pertinenti e personalizzati in base ai propri interessi.

Naturalmente chiunque utilizza internet sa che è (quasi tutto) una sciocchezza.

Forse è arrivato il momento di eliminarle

Un’affermazione comune dice che gli utenti “gradiscono gli annunci, purché siano pertinenti“. Non è proprio vero: quando Apple ha offerto agli utenti di iPhone la possibilità di bloccare tutti gli annunci di sorveglianza con un solo clic, il 96% degli utenti ha cliccato sul pulsante.

La pubblicità di sorveglianza serve solo alle aziende di tecnologia pubblicitaria; per gli utenti, gli editori e gli inserzionisti, gli annunci di sorveglianza sono pressoché ininfluenti.

Pubblicità non invasive

Eliminare le pubblicità di sorveglianza non significa eliminare completamente la pubblicità. Nonostante l’argomentazione secondo cui “se non paghi per il prodotto, tu sei il prodotto“, non c’è motivo di credere che il semplice fatto di pagare per i prodotti convincerà le aziende che li forniscono a trattarci con rispetto.

Non si può corrompere un’azienda per ottenere un trattamento rispettoso, le aziende ci rispettano solo nella misura in cui temono di perdere la clientela o di essere regolamentate. Invece di acquistare i nostri servizi online e sperare che le aziende ci trattino con dignità, dovremmo vietare le pubblicità di sorveglianza.

Pubblicità contestuali

Se si vietassero le pubblicità di sorveglianza, gli inserzionisti si troverebbero nella necessità di trovare nuovi modi per far conoscere al pubblico i propri prodotti e servizi. Dovrebbero fare ritorno alle tecniche passate prima della pubblicità di sorveglianza: dovrebbero tornare alle pubblicità contestuali.

Una pubblicità contestuale è mirata in base al contesto in cui appare, l’articolo in cui compare o la pubblicazione stessa. Piuttosto che seguire gli utenti per indirizzare loro pubblicità, gli inserzionisti contestuali cercano contenuti pertinenti ai loro messaggi e posizionano le pubblicità accanto a tali contenuti.

Storicamente, era un processo inefficiente e spesso inefficace, ostacolato dalla necessità di identificare il contenuto pertinente prima che fosse stampato o trasmesso. Ma gli stessi sistemi di offerta in tempo reale utilizzati per inserire pubblicità comportamentali possono essere utilizzati anche per inserire pubblicità contestuali.

Comportamentale vs Contestuale

La differenza fondamentale risiede nel fatto che anziché chiedere a una società di sorveglianza – come Google o Meta – di mettere all’asta l’attenzione di un lettore per conto dell’editore, l’editore stesso metterebbe all’asta il contenuto e il contesto dei propri materiali.

In altre parole, invece di dire: “Quanto siete disposti a pagare per ottenere l’attenzione di un lettore maschio di 22 anni residente a Milano che si sta riprendendo da una lunga malattia e ha recentemente cercato informazioni sui sintomi della gonorrea?“, l’editore direbbe: “Quanto siete disposti a pagare per ottenere l’attenzione di un lettore il cui indirizzo IP è situato a Milano che utilizza Safari su un iPhone ultimo modello e sta leggendo un articolo su Annalisa*?

La pubblicità contestuale è un vantaggio per gli editori

La pubblicità contestuale rappresenta un vantaggio anche per gli editori. Infatti, nessun editore potrà mai avere una conoscenza approfondita del comportamento dei lettori come un’azienda specializzata in Ad-Tech. Allo stesso modo, nessuna azienda di Ad-Tech potrà mai comprendere i contenuti di un editore come l’editore stesso.

Questo significa che le aziende di Ad-Tech avranno molta più difficoltà nel conquistare una parte significativa dei ricavi dell’editore, mentre sarà molto più semplice per gli editori cambiare fornitore di Ad-Tech nel caso qualcuno cerchi di approfittarne.

Ciò vuol dire che gli editori otterranno una fetta più grossa della torta degli annunci contestuali rispetto a quando la torta è piena di annunci basati sulla sorveglianza.

E la torta?

Ma cosa succede con la dimensione della torta? Gli inserzionisti pagheranno di più per raggiungere i lettori attraverso l’indirizzamento basato sul contesto rispetto a quello basato sul comportamento?

Non è così. Le evidenze di ricerca finora suggeriscono che in generale gli inserzionisti pagherebbero circa il 5% in meno per l’indirizzamento basato sul contesto rispetto a quello basato sul comportamento.

Tuttavia, ciò non significa necessariamente che gli editori guadagneranno di meno. Anche se gli inserzionisti pagherebbero meno per l’indirizzamento basato sul contesto, una percentuale significativamente maggiore della spesa pubblicitaria finirebbe nelle tasche degli editori. Attualmente, le grandi piattaforme di Ad-Tech si aggiudicano più della metà di tale spesa grazie al loro monopolio sui dati comportamentali che conferisce loro una posizione negoziale molto più forte rispetto agli editori.

Apple e la privacy

Ciò è stato ampiamente dimostrato nel 2021, quando Apple ha modificato iOS, il sistema operativo che alimenta iPhone e iPad, per rendere facile l’opt-out dal tracciamento. Il 96% degli utenti Apple ha scelto di disattivarlo, causando a Facebook una perdita di oltre 10 miliardi di dollari di entrate nel primo anno. Purtroppo, Apple continua a tracciare i propri utenti al fine di indirizzare loro pubblicità anche se scelgono di non essere tracciati.

Negli Stati Uniti non esiste una legge federale sulla privacy che richieda un consenso reale prima del tracciamento, in Europa invece sì. Questa differenza è evidente attraverso l’esperienza dell’Unione Europea.

GDPR

Il Regolamento generale sulla protezione dei dati (GDPR) dell’UE vieta la pratica della sorveglianza per scopi pubblicitari senza il consenso dell’utente. Inizialmente, i colossi della pubblicità tecnologica con sede negli Stati Uniti avevano rifiutato di adeguarsi a questa regola, ma ora si trovano costretti a farlo.

Tuttavia, non tutti hanno ignorato il GDPR. Ad esempio, la tv pubblica olandese NPO ha scelto di utilizzare solo pubblicità mirate per gli utenti che hanno dato il loro consenso, il ché ha portato la quasi assenza di pubblicità comportamentali. Di conseguenza, NPO ha adottato le pubblicità contestuali e ha registrato un notevole aumento dei ricavi pubblicitari. Questo successo è stato possibile non solo perché le pubblicità contestuali hanno funzionato bene quasi quanto le pubblicità basate sulla sorveglianza, ma soprattutto perché le persone non hanno più visto le pubblicità basate sui loro comportamenti ma solo pubblicità basate sul contesto dell’informazione scelta.

Si Può Fare!

Eliminare le pubblicità basate sulla sorveglianza potrebbe mettere in svantaggio le aziende che si basano su questa pratica. Tuttavia, per gli altri attori coinvolti – lettori, giornalisti, editori e persino inserzionisti – i benefici potrebbero essere considerevoli.

*artista scelto a caso ma di tendenza per la base anagrafica presa ad esempio