Negli ultimi 20 anni, i vincitori della UEFA Champions League sono sempre stati club provenienti da Inghilterra, Italia, Spagna o Germania. Questa tendenza non dovrebbe stupire più di tanto, soprattutto se si guarda ai coefficienti UEFA dove Premier League, Serie A, laLiga e Bundesliga sono regolarmente in testa distanziando nettamente tutti gli altri campionati europei.
Ma, se è vero che questi campionati dominano a livello di risultati, è altrettanto vero che ognuno di essi ha una propria identità calcistica unica. Le differenze tra questi tornei non sono solo nei risultati, ma si riflettono anche in dettagli tattici, filosofici e persino stilistici, spesso in modi che sfidano gli stereotipi consolidati.
La concretezza della Liga
Prendiamo ad esempio alcune tendenze emerse nelle ultime cinque stagioni. Se la Premier League è diventata maestra nei calci piazzati, e la Serie A si caratterizza per la tendenza dei suoi portieri a restare ancorati alla linea di porta, la Liga ha mostrato aspetti meno prevedibili, rivelandosi un po’ più diretta e concreta di quanto ci si aspetterebbe.
Quando si parla di tattica nel calcio, molto si deve all’innovazione degli allenatori o al talento dei giocatori, ma non possiamo ignorare l’impatto delle modifiche regolamentari. Pensiamo alla regola del fuorigioco o al passaggio all’indietro: due esempi di come piccoli cambiamenti possano avere enormi ripercussioni sul gioco. Nell’estate del 2019, una nuova modifica ha fatto molto discutere: nei calci di rinvio, la palla non deve più uscire dall’area prima di essere toccata. Questo dettaglio ha cambiato l’approccio di molte squadre, favorendo la costruzione dal basso con sequenze di passaggi più corte e controllate.
Tuttavia, non tutti i campionati hanno reagito allo stesso modo. Analizzando la percentuale di calci di rinvio giocati corti (meno di 40 metri), emergono alcune sorprese. Se pensiamo che il calcio spagnolo sia sinonimo di possesso palla e passaggi corti, potremmo rimanere spiazzati: la Liga, infatti, nelle ultime cinque stagioni è rimasta indietro rispetto agli altri grandi campionati. La Premier League, invece, ha adottato pienamente il gioco dal basso, in Bundesliga la situazione è più altalenante, mentre la Serie A sembra più restia a questa tendenza, continuando a prediligere rinvii verso la trequarti.
In Spagna, ovviamente, ci sono eccezioni. Le grandi squadre come Barcellona e Real Madrid continuano a costruire l’azione dal basso, così come il Girona, che sotto l’influenza del Manchester City di Guardiola si è distinto per la stessa filosofia. Ma non bisogna ignorare la svolta verso un calcio più fisico e pragmatico, incarnato dal Getafe, che nel 2018-19 ha raggiunto il quinto posto con un possesso palla medio del 40,7%, completando 15.000 passaggi in meno rispetto al Barcellona. Un netto contrasto con lo stile di possesso che per anni ha definito il calcio spagnolo.
Il Getafe di José Bordalás è diventato sinonimo di un gioco tosto e pragmatico, un approccio che ha permesso alla squadra di restare per otto stagioni consecutive nella Liga. Prendiamo per esempio l’uso costante delle rimesse laterali verso sinistra, con l’attaccante Juanmi Latasa (192 cm) che spesso diventa il bersaglio dei rilanci lunghi dal portiere. Nella scorsa stagione, club come Cadice e Athletic Bilbao hanno adottato strategie simili, con oltre l’80% delle loro rimesse dal fondo giocate lunghe, dimostrando che il gioco diretto non è affatto scomparso dal calcio moderno.
Se guardiamo più a fondo, queste cifre evidenziano una realtà economica ben distinta: il divario finanziario tra le squadre della Liga è sempre più marcato, e per club come Getafe, Maiorca o Osasuna, optare per uno stile di gioco più fisico e meno raffinato ha pagato. A differenza della Premier League, dove il gioco spettacolare e rischioso domina, nella metà inferiore della Liga è spesso il pragmatismo a fare la differenza. Questo potrebbe far riflettere coloro che denigrano il calcio “rustico”: forse una visita alle partite spagnole potrebbe svelare strategie che in Inghilterra si vedono raramente.
Giochisti vs Risultatisti
Se in Spagna prevale un certo realismo, in Italia emerge una vera battaglia ideologica tra due visioni del calcio. Da un lato ci sono i “Giochisti“, come Roberto De Zerbi, che promuovono un calcio offensivo e rischioso; dall’altro, i “Risultatisti” come José Mourinho e Massimiliano Allegri, che mettono il risultato prima dello spettacolo. Una delle principali arene di scontro è il modo di giocare da dietro: per De Zerbi, un accumulo paziente di passaggi dalla difesa è essenziale, come ha dimostrato durante la sua esperienza con il Sassuolo e poi con il Brighton.
Per dare un’idea, nella stagione 2020-21, il Sassuolo di De Zerbi ha scelto di giocare corto l’85% delle rimesse dal fondo, un dato che lo colloca tra le squadre più estreme d’Europa in questo senso. Ancora più sorprendente è il suo Brighton 2023-24, che ha raggiunto un impressionante 95%. Questi numeri mostrano come De Zerbi sia il paladino di un approccio che richiede coraggio e convinzione, nonostante il rischio evidente di perdere palloni pericolosi vicino alla propria porta. Forse non è un caso che quest’anno RDZ alleni il Marsiglia.
Troppi cartellini
In Italia e Spagna, queste filosofie diverse offrono sottotrame intriganti, ma c’è un aspetto in cui i due campionati si somigliano: l’arbitraggio. I giocatori di Liga e Serie A sono soggetti a una disciplina molto più rigida rispetto a quelli di altri campionati. Negli ultimi sei anni, gli arbitri spagnoli hanno estratto quasi 10.000 cartellini gialli, un numero impressionante se confrontato con altre competizioni come la Bundesliga. Solo nella stagione 2022-23, nella Liga ci sono stati più cartellini rossi (140) che in quattro stagioni di Premier League messe insieme (139).
Alcuni club sembrano particolarmente propensi a trovarsi dalla parte sbagliata del fischietto. In Spagna, Getafe, Real Betis, Valencia, Siviglia e Celta Vigo sono i più colpiti, mentre in Italia Hellas Verona, Roma e Milan completano la top 10 delle squadre più sanzionate dal 2019-20. Questi numeri non sorprendono se consideriamo che nella Liga viene dato un cartellino giallo ogni 5,4 falli, uno dei tassi più alti d’Europa.
Una delle cause principali sono le proteste. Nella Liga, quasi il 20% delle ammonizioni arriva per proteste o atteggiamenti irrispettosi verso gli arbitri. Ci sono stati momenti famosi (o famigerati, a seconda dei punti di vista), come quando l’arbitro Mateu Lahoz ha estratto 18 cartellini durante un infuocato derby catalano nel 2023, o Elche-Real Valladolid dove si è sfiorato il ridicolo con l’arbitro che ha distribuito cinque cartellini gialli e tre rossi in soli 80 secondi.
La scorsa stagione in Premier League è stata segnata dalla repressione delle proteste in campo che ha portato i suoi frutti. Se guardiamo ai primi segnali di questa nuova stagione, sembra che siamo sulla buona strada per assistere a un trend simile, forse addirittura più marcato. È come se la linea dura adottata nei confronti dei giocatori abbia iniziato a fare effetto, con meno episodi di scontri verbali tra giocatori e arbitri. Per fare un esempio concreto, lo scorso anno solo tre giocatori – Diogo Dalot, Oli McBurnie e Matheus Nunes – sono stati espulsi per proteste verbali. Se mettiamo a confronto questi dati con quelli della Liga, dove ben 12 giocatori sono stati espulsi per lo stesso motivo, si capisce quanto la Premier League stia cercando di mantenere un certo rigore. Il messaggio sembra chiaro: meglio evitare discussioni, indipendentemente dalla lingua che si parla.
Bundesliga meglio della Premier
Ma c’è di più: la Bundesliga e la Premier League, due campionati spesso considerati diversi per stile e approccio, stanno diventando sempre più simili. Tradizionalmente, si pensa che la Bundesliga sia il campionato più “transitorio” d’Europa, ossia quello in cui la palla cambia possesso più frequentemente. Per misurare questo, basta osservare quanti possessi ci sono in una partita media. In Bundesliga, dal 2019-2020, si contano in media circa 200 possessi per partita, un numero che segnala un gioco rapido e frenetico. Al contrario, negli altri principali campionati europei, come la Premier League o la Serie A, questo numero si aggira attorno ai 190 possessi a partita. Non sembra una grande differenza. In realtà, 90 scambi di palla in più su una settimana di gioco possono fare una notevole differenza in termini di ritmo e intensità del gioco.
Questo stile dinamico rende il contropiede una parte fondamentale del DNA calcistico della Bundesliga. I numeri lo confermano: il campionato tedesco è da anni il leader europeo per numero di attacchi diretti, ossia quei possessi che iniziano nella propria metà campo e portano a un tiro o un tocco in area entro 15 secondi. Squadre come il Bayer Leverkusen pre-Xabi Alonso, il Borussia Monchengladbach di Marco Rose e l’RB Leipzig hanno fatto del contropiede il loro marchio di fabbrica, e persino il Bayern Monaco ha seguito questa tendenza.
Tuttavia, è interessante notare come, nella scorsa stagione, ci sia stato un leggero calo di questo gioco di contropiede nella Bundesliga, probabilmente dovuto alla presenza di tecnici come Xabi Alonso, Thomas Tuchel e Sebastian Hoeness, che prediligono un gioco più riflessivo. Questo rallentamento è significativo, ma non deve sorprendere: ogni campionato ha subito un cambiamento nelle dinamiche di gioco, soprattutto nella stagione 2020-21, giocata a porte chiuse. Abbiamo tutti notato la perdita di intensità dovuta all’assenza di tifosi, e i numeri non fanno altro che confermare ciò che già sapevamo.
Premier quasi come la Bundes
La Premier League si sta avvicinando ai livelli di intensità che vediamo in Bundesliga. Nella stagione 2023-24, ha raggiunto una media di 5,6 attacchi diretti per partita, un dato che riflette la crescente tendenza verso un calcio più dinamico e rapido.
Mentre squadre come il Manchester City di Guardiola e l’Arsenal di Arteta puntano ancora sul controllo e il possesso palla, molte altre formazioni hanno deciso di abbracciare un approccio più caotico e aggressivo. Il Liverpool, durante l’ultima stagione di Klopp, è tornato al suo famoso heavy metal football, mentre allenatori come Andoni Iraola (Bournemouth), Ange Postecoglou (Tottenham) e Mauricio Pochettino (Chelsea) hanno portato una mentalità altrettanto offensiva. Questa strategia si basa su recuperare il pallone e aggredire subito, sfruttando ogni spazio con grande velocità.
Non sorprende quindi che sia la Premier League che la Bundesliga siano ai vertici in Europa per numero di infortuni. Il gioco ad alta intensità richiede un fisico sempre al massimo, e il rischio di infortuni cresce. Nella Bundes, si sono registrati oltre 1.000 infortuni sia nel 2022-23 che nel 2023-24, con la Premier che non è da meno, superando nello stesso periodo i 900 infortuni.
C’è poi una chiara connessione tra questi due campionati anche sul fronte del mercato. Secondo Transfermarkt, le squadre inglesi hanno fatto ben 59 acquisti dalla Bundesliga, dimostrando come i due stili si stiano sempre più allineando, non solo sul campo, ma anche nelle strategie di mercato.
La Serie A è disciplinata
In Italia, però, la situazione è diversa. La Serie A resta ancorata a un calcio più controllato e difensivo. Nel 2023-24, la media degli attacchi diretti per partita è stata di 4,5, nettamente inferiore rispetto ai 5,7 della Bundesliga. Questo significa che in Italia ci sono molte meno situazioni di contropiede, un dato che riflette una cultura tattica ben diversa.
La Serie A è famosa per la sua disciplina difensiva. Squadre come Lazio e Roma preferiscono chiudere gli spazi centrali, mentre l’Atalanta di Gasperini applica una marcatura a uomo rigida. Anche quando gli avversari cercano di spingere, le squadre italiane tendono a mantenere il controllo degli spazi, aspettando il momento giusto per ripartire.
Xabi Alonso ha riassunto bene questa differenza dopo la vittoria del suo Bayer Leverkusen contro il Milan in Champions League: “Le squadre italiane ti aspettano, vogliono controllare lo spazio. In Germania, invece, le squadre pressano molto più alto, lasciando più spazio dietro una volta superata la loro prima linea di pressione.”
Queste differenze si vedono anche nei portieri. La Bundesliga è famosa per l’uso del “portiere libero”, il giocatore esce frequentemente dall’area per fermare gli attacchi avversari. In Serie A, invece, i portieri tendono a restare più vicini alla linea di porta, seguendo una filosofia più conservativa. Non è un caso che in Italia, dal 2019-20, si registri la media più bassa di interventi fuori area dei portieri.
Nonostante l’influenza di allenatori come Guardiola, che ha portato il suo stile di gioco moderno ovunque abbia allenato, la Serie A resiste. Da noi il calcio è ancora una questione di strategia, controllo degli spazi e gestione tattica, un approccio che si distingue dal gioco più frenetico e spettacolare degli altri grandi campionati europei.
Le squadre della Premier League sanno davvero tirare meglio i calci piazzati?
Da sempre, le palle inattive sono una parte cruciale del calcio, ma negli ultimi anni è diventato ancora più evidente quanto lavoro ci sia dietro. L’arrivo di specialisti dedicati ai calci piazzati ha cambiato le carte in tavola, affinando tattiche e strategie che spesso decidono le partite.
Allenatori come Nicolas Jover dell’Arsenal, Austin MacPhee dell’Aston Villa e Bernardo Cueva, che l’anno scorso era passato al Chelsea dopo l’esperienza al Brentford, sono solo alcuni dei nomi di spicco in Premier League. Durante le partite, non è raro vederli dare istruzioni precise dalla panchina mentre la squadra si prepara per un calcio d’angolo o una punizione.
Cosa dicono i numeri
Nella scorsa stagione, sono stati segnati 247 gol su calcio piazzato in Premier League (escludendo i rigori), il numero più alto dal 2016-17. Anche se non si è raggiunto il record storico di 319 gol della stagione inaugurale del 1992-93, quando le squadre erano ancora 22, il trend è chiaro: i calci piazzati sono una risorsa cruciale.
Dal 2019-20, la Premier League ha registrato quattro dei cinque migliori totali di gol su calci piazzati per giornata tra i principali campionati europei. Ma questi numeri rappresentano davvero una dipendenza maggiore dai calci piazzati rispetto ad altri campionati? Guardando la percentuale di gol totali provenienti da calci piazzati, emerge che la Premier League ha avuto la quota più alta in quattro delle ultime cinque stagioni. Solo la Bundesliga è riuscita a starle vicino in questa classifica.
Un dato curioso emerge dalla stagione 2020-21, quella segnata dal Covid-19 e dagli stadi vuoti: c’è stata una leggera diminuzione dei gol su calcio da fermo in tutti i campionati. Forse l’assenza del pubblico ha reso le difese più efficaci, o la mancanza di intensità ha cambiato le dinamiche. Fatto sta che le cifre dicono questo.
Analizzando i diversi tipi di calci piazzati, notiamo che in Premier League la maggior parte dei gol arriva su calcio d’angolo, con circa due terzi del totale che deriva da questa situazione di gioco. Al contrario, in Bundesliga i calci d’angolo rappresentano una percentuale notevolmente più bassa, mentre i gol su punizioni indirette sono più frequenti. Questo dimostra che sulle palle inattive ogni campionato sviluppa schemi e approcci differenti.
La Premier League, con la sua maggiore attenzione alla preparazione meticolosa delle giocate da calcio d’angolo, sembra più vicina a una strategia da playbook di football americano. L’idea non è più quella di buttare semplicemente la palla nell’area, ma di ideare schemi complessi e ripetibili che possano fare la differenza.
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