QUESTO ARTICOLO HA PIÙ DI 11 ANNI.    

Nel 2009 la mozione Marino arrivò terza con poco più del 15% dei voti, lasciando in eredità un vicepresidente dell’Assemblea Nazionale e un sindaco di Roma. Per il resto l’oblio. In realtà è vero il contrario: la mozione di cui facevo parte è stata considerata da tutti la più innovativa e completa del congresso 2009, e se in tutti e quattro i programmi dei candidati a questo congresso ci sono ampi spazi sui diritti civili, sull’abbattimento delle correnti, sul bipolarismo più o meno perfetto, sull’eliminazione del finanziamento pubblico ai partiti e sul rinnovamento della classe dirigente del Pd, lo si deve principalmente al programma congressuale di Ignazio Marino che aveva questi cinque punti come cardine dell’intero programma.

I partiti fondatori hanno dato vita a quello che, molto audacemente, è stato chiamato Partito Democratico. Il nostro principale problema è che di democratico abbiamo sostanzialmente solo il nome. Nella pratica, e con tutti i distingui del caso, attuiamo da sei anni lo stesso conservatorismo della destra. Ma il Pd nacque per distruggere quel paradigma: siamo per il maggioritario, la nostra politica parte dalla base per arrivare ai vertici, ed è qui la nostra grande specialità, facciamo scegliere ai nostri elettori – con le primarie aperte – chi dovrà guidare il partito nei quattro anni successivi al congresso. Questo procedimento ha un nome semplicissimo e bellissimo: apertura. Si chiama anche futuro, ma senza rinnegare il passato. Dopo sei anni noi invece strizziamo ancora l’occhio al passato perché nel presente abbiamo subito troppe sconfitte. Strizziamo l’occhio al passato invece che al futuro. Assurdo!

Pertanto, se è vero che da piccole idee nascono grandi progetti, è incontestabile che abbiamo l’obbligo – morale e politico – di portare a termine ciò che si è iniziato. Come? Eleggere Giuseppe Civati segretario non è certamente la soluzione a tutti i mali del nostro partito, ma sarà il primo passo verso un Pd più innovativo e risoluto.

MANIFESTO POLITICO