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Il PD come la Leopolda. È diventata questo l’assemblea che oggi alla Fie­ra­Mi­la­no­City ha eletto Matteo Renzi segretario nazionale del Partito Democratico: scenografia glamour e visual, tempi strettissimi per gli interventi (cinque minuti come alla Leopolda), area bimbi, traduttore nel linguaggio dei segni live. Insomma, la trasformazione del rito old style bersaniano alla nuova tendenza Renzi.

In assemblea ha parlato anche il premier Letta (qui sotto il suo intervento), al quale va dato atto di aver ‘scippato’ a Matteo il botto dell’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti. Certo, un’abolizione spuria che andrà a regime nel 2017, tra poco meno di quattro anni. Ma è un primo passo verso quel tipo di politica pulita che abbiamo necessariamente bisogno. Renzi incassa il colpo: poteva rilanciare con la rinuncia della tranche del 2014, non l’ha fatto. Ovviamente.

Renzi ha illustrato la sua idea di PD: bad­get fran­ce­scani, spese online a tutti i livelli, atti­vità incar­di­nate sul lavoro degli ammi­ni­stra­tori e dei volon­tari più che dell’apparato. Ma l’attenzione di tutti è sulla legge elettorale. Il primo round segretario-premier è finito sostanzialmente in parità: Renzi vuole un sistema maggioritario e dà un mese di tempo all’esecutivo Letta; il premier ha risposto che si sta dando da fare in tal senso e a breve l’Italia – sì, l’Italia, non solo Renzi – avrà una riforma della legge elettorale. La dead line è quindi gennaio: se entro la fine del primo mese del 2014 il governo non si smuove, Renzi si muoverà verso chi ci sta per andare al voto in aprile. Il semestre europeo non fa paura, del resto da circa un anno Matteo Renzi muove accordi più o meno ufficiali con i grandi d’Europa. Sostituire Letta all’ultimo momento non è affatto un problema. Poi imbecca Grillo chiedendo al Movimento 5 Stelle di sottoscrivere le proposte PD su riforme istituzionali, il superamento del Senato elettivo e l’abolizione delle province, e, infine, una nuova legge elettorale che garantisca la governabilità. Parte l’hashtag mediatico: #beppefirmaqui.

Il neo segretario vede il PD crescere nei sondaggi grazie all’onda delle primarie, il partito – e l’assemblea: 700 delegati su poco più di mille – è tutto con lui e l’opposizione interna è pressoché spappolata o poco incisiva: la presidenza a Gianni Cuperlo (sotto il video in cui accetta la presidenza) non è una bandiera bianca e va verso la vocazione unitaria; i vice – Sandra Zampa (Civati) e Matteo Ricci (Renzi) – sono anch’essi allineati. Ma è giusto così, chi vince decide e la Direzione, insieme all’Assemblea Nazionale, conferma o meno la linea della segreteria. Questa è la democrazia.

Dopo il discorso da segretario (di seguito il video integrale) si è votato per i 120 membri della Direzione Nazionale di cui 16 vicini a Civati e 22 di area Cuperlo. I rimanenti, 82, di area Renzi. A questi vanno aggiunti i membri di diritto e le 20 personalità indicate dal segretario. Renzi vuole sconquassare l’iter restringendo i membri di diritto, rottamandoli, asfaltando ancora di più i notabili del Partito Democratico. Anche questo è cambiamento. Oppure no.