Ieri su La Stampa c’era un passaggio di “Giorni bugiardi”, il libro sui giorni precedenti alla caduta in disgrazia di Pier Luigi Bersani, scritto dal duo delle meraviglie bersaniano Chiara Geloni e Stefano Di Traglia, in cui l’ex segretario del Pd racconta come cercò di mettersi con Grillo (mentre Grillo non se lo filava nemmeno di striscio) e su chi affossò Prodi quel famoso giorno dei 101: «E’ convinzione di chi conosce la composizione dei gruppi parlamentari che in nessun modo sia possibile raggiungere quota 101, senza includere i 41 renziani».
Ora, aldilà della composizione dei gruppi parlamentari, andrebbe ricordato (più per onestà intellettuale che per verità assoluta) che il Pd in questa legislatura ha 293 deputati e dentro ci stanno – oltre ai citati renziani – dalemiani, lettiani e franceschiniani, fioroniani, mariniani (ai quali gli avevano trombato solo due giorni prima il loro candidato PdR), e ognuno di loro aveva validissimi motivi per affossare Prodi. Sommando tutte queste brave persone, il risultato – più o meno – è di 110-120 deputati. Direi – e lo dice anche Sandra Zampa – che siamo ben oltre i 101… Il non plus ultra è però questo passaggio: «Io stasera mi dimetto e domattina vado da Napolitano a chiedergli di restare». E quest’altro: «Ero pronto a candidare Barca premier», dice infine Bersani in un altro estratto dello stesso libro.
Non voglio infierire, a me però sembra lo stesso tipo di critica che D’Alema fece a Bersani, come racconta Marco Damilano nel suo ultimo libro, quando Pigi voleva a tutti i costi formare un governo e D’Alema voleva invece farlo ragionare: «ha perso lucidità, era dominato dall’idea che senza avere la maggioranza avrebbe comunque potuto fare il governo». Bersani non era lucido, dice D’Alema, e dal passaggio del libro di Geloni-Di Traglia citato sopra pare di capire che avesse ragione baffino.
D’Alema, notoriamente lucido, e Bersani, notoriamente non lucido, sostengono Gianni Cuperlo per la segreteria Democratica. Chissà come è messo, a lucidità, Gianni Cuperlo.
Per concludere: nel libro “I tre giorni che sconvolsero il Pd“, Sandra Zampa racconta sinteticamente e brutalmente cos’è, da sempre, il Pd: «Le componenti riconoscono e rispondono al proprio capocorrente. Prima c’è lui e in seconda battuta arriva il segretario (di turno) che, a sua volta, se la vede con i capicorrente». Solo per scardinare il concetto Bersani-Geloni-Di Traglia.
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