Era agosto del 1991 quando MTV, ancora in splendida forma, ci stordiva con l’entusiasmante video di “Enter Sandman” dei Metallica. Quel brano si rivelò essere l’apertura dell’album omonimo della band, conosciuto soprattutto con il titolo di “Black Album”: il loro quinto lavoro in studio uscito il 12 gennaio di 32 anni fa. Tutto ciò che sto per raccontarvi ruota intorno al nome della band: Metallica.
Musica metallica
Era un periodo bellissimo, gli anni ’90, dove la spensieratezza e la ribellione la facevano da padroni. Capelli lunghi, jeans strappati, borchie e spillette su chiodi e giubbotti di tela. Prima di quel giorno ci guardavano con disprezzo per i capelli lunghi e la giacca di pelle, ci chiedevano sarcasticamente se ascoltavamo “la musica metallica“. Si tenevano a distanza, come se puzzassimo o stessimo per rapinarli. Un vero e proprio esercizio di distanziamento sociale ante-Covid-19.
Ebbene, la grande svolta epocale è stata proprio questa: il mondo aveva finalmente scoperto che Metallica non era solo un genere musicale, ma una band. Ha capito che anche chi ha i capelli lunghi può essere un bravo ragazzo, che nei flight case si trovavano chitarre elettriche e bassi, non Kalashnikov. Tutto ciò è accaduto grazie a questo album che ha portato l’heavy metal nelle case di tutti: dai colletti bianchi alle casalinghe e agli operai. Non era solo un genere musicale, era un vero e proprio movimento.
Avere vent’anni
Avere vent’anni nel 1991 è stata una fortuna. Mentre gli anni ’80 erano stati prevalentemente Duran Duran vs Spandau, per noi metallari, gli anni ’90 erano un graduale avvicinamento a qualcosa di diverso dall’essere il classico paninaro dell’epoca: The Final Countdown, Slippery When Wet, Billy Idol, Van Halen, Guns N’ Roses, Skid Row e Mötley Crüe. Ma c’era anche la new wave e la scena dark, con i primi U2, i Litfiba, i Cure, gli Smiths di Marc Almond (che faceva solo cover), i Depeche Mode, i Cult, e gruppi più estremi come i Carcass, i Negazione, i Sadist e i Dirty Rotten Imbeciles. E poi c’erano i Metallica che mettevano assieme la complessità del prog e l’adrenalina del punk.
Eravamo tutti lì, sulle scalinate di una piazza qualsiasi che si trova in ogni città (quando ancora era permesso radunarsi). C’era un’energia straordinaria, ognuno con il suo stile unico – creste, giacche di pelle, stivali neri e jeans attillati o lunghe tonache nere. Questo mood, fino a quel fatidico 12 di agosto del 1991, apparteneva solo a pochi emarginati, quei ragazzi brutti e cattivi che giravano in gruppi selezionati di pub e discoteche non esclusivamente dark.
Il Black Album
E poi arriva la seconda grande rivoluzione: il nero, la giacca di pelle e i camperos negli armadi di tutti. Lo stile dark ha iniziato ad affascinare chiunque: il look truzzo si è trasformato e il rock ha ottenuto il suo riconoscimento. C’era un’altra rivoluzione in atto. Quando è uscito il mio Black Album, eravamo una decina di amici nella solita sala prove condivisa tra diverse band. In religioso silenzio, ascoltavamo quell’album traccia dopo traccia, giro dopo giro, senza interruzioni. Una prima volta, poi una seconda e infine una terza per gustarcelo pienamente fino in fondo. Ricordo gli sguardi entusiasti che ci scambiavamo. A quel tempo non esisteva Internet, i social media o gli smartphone, quindi il tempo libero veniva impiegato in mille modi diversi. E l’uscita di un nuovo album era un vero e proprio evento.
Il Black Album è stato la svolta, sia per la band che per i fan. I quattro cavalieri, stanchi dei tour e degli hotel di periferia, hanno affidato la produzione a Bob Rock, pronti a fare il grande passo a livello artistico e personale. Ci sono stati litigi, tempi biblici e spese che hanno superato di gran lunga il budget previsto. Tre quarti della band si sono separati dalle mogli a causa dello stress, mentre Bob ha rivoluzionato testi, riff e modalità di registrazione.
La consacrazione dei Metallica
Il risultato? Un album che ha venduto quasi 30 milioni di copie, di cui circa la metà solo negli Stati Uniti, e che ha portato i Metallica in una dimensione dalla quale non sarebbero più usciti. Quell’album è stato un salto, una svolta, ma anche oggetto di critiche feroci da parte dei talebani del thrash metal, considerando che i quattro musicisti erano stati tra i principali portavoce di quel genere insieme a Slayer, Sepultura e Megadeth.
Il debutto del 1983 con Kill ‘Em All era grezzo e feroce, ed ha posto le basi per il thrash metal. La scrittura dei seguenti Ride the Lightning del 1984 e Master of Puppets del 1986 era più sofisticata. Intanto, erano diventati leggende dell’underground.
AI tempi del quarto album, …And Justice for All del 1988, scrivevano sinfonie miniaturizzate senza rinunciare all’aggressività. Tour infiniti e passaparola avevano trasformato il disco in un successo inaspettato, permettendo al gruppo di esibirsi da headliner nei palasport. Ma alla fine del Damaged Justice Tour i quattro erano esausti a forza di suonare quei pezzi super complicati. Erano a un punto morto e perciò per il Black Album del 1991 decisero di cambiare strada con l’aiuto di Bob Rock, già produttore di Mötley Crüe e Cult.
Da quel momento, il concetto stesso di band è cambiato, trasformandosi in una sorta di collettivo musicale itinerante. Questo ha avuto un impatto negativo sulla loro produzione discografica futura, ma ha anche trasformato il brand Metallica nel marchio più potente del rock e in una delle live band più importanti di sempre, sia in termini di numeri che di performance. Sebbene poco dopo il movimento grunge abbia spazzato via tutto come un implacabile tornado, il rock in generale (dal classico all’heavy metal al nu metal, passando per il grunge e altri sottogeneri) non avrebbe mai raggiunto i livelli di popolarità e di coinvolgimento del pubblico che ha raggiunto negli anni ’90.
Le tracce del disco
Il Black Album parte con l’energica opener Enter Sandman, che introduce l’ascoltatore in uno psicodramma ansiogeno e carico di suspense, segue la potentissima Sad But True, che trasmette l’angoscia e la confusione di un io tormentato, incapace di distinguere tra verità e menzogna. Il brano è costruito su un riff stuzzicante e smussato, che evita angoli troppo acuti. In Holier Than Thou si possono percepire risonanze stilistiche del thrash, anche se l’atmosfera che circonda il pezzo non risulta mai soffocante, né caratterizzata da partiture tecnicamente intricate. La cadenzata Unforgiven, supportata da un affascinante video in bianco e nero e baciata da uno straordinario successo, affronta il tema della crescita, degli errori e dei sensi di colpa, mostrando una sensibilità inaspettata da parte della band.
Sangue e Oriente
Nella pseudo-orientale Wherever I May Roam, caratterizzata dall’insolita introduzione del sitar, emergono le influenze hard rock. Il brano, nato da un giro armonico di Jason Newsted e concepito inizialmente come strumentale, viene reso volutamente sconnesso e poco coeso nella versione definitiva, al fine di rappresentare i disordinati scorci della vita errabonda dei membri della band. Don’t Tread On Me, ispirata al bagno di sangue della Guerra d’Indipendenza Americana, mette in luce l’ottima performance di Lars Ulrich dietro la batteria, molto incisiva e immensamente cangiante nella ritmica.
Viaggi cosmici e magiche ballad
Through The Never adotta incessanti cambi di velocità influenzati dal pedigree originario del combo per raccontare, attraverso il tropo del viaggio cosmico, le tappe dello sviluppo interiore dell’uomo. Nothing Else Matters rappresenta la prima vera ballad pubblicata dalla band. La struttura semplice del brano plasma l’afflato melodico sull’arpeggio di quattro corde di chitarra pulita suonate a vuoto. Le liriche composte da James Hetfield evocano la sensazione del distacco dagli affetti che l’autore affrontava in quel periodo, offrendo uno spaccato intimo e personale commovente. Gli arrangiamenti orchestrali in sottofondo completano un quadro magico e riflessivo.
Lupi, religione e sabbathismo
La metafora del licantropo in Of Wolf And Man, la feroce critica del cantante al credo del Cristianesimo Scientista dei genitori in The God That Failed e l’omaggio sabbathiano in My Friend of Misery precedono la finale ed esemplare The Struggle Within. La rapidità complessiva dell’esecuzione, i ritmi sincopati del ritornello e i virtuosismi di Kirk Hammett sottolineano la presenza di elementi eterogenei nelle pieghe dell’album.
E questa è stata l’ultima rivoluzione. Non male per una Gods of Rock, vero?
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