[fusion_builder_container hundred_percent=”yes” overflow=”visible”][fusion_builder_row][fusion_builder_column type=”1_1″ background_position=”left top” background_color=”” border_size=”” border_color=”” border_style=”solid” spacing=”yes” background_image=”” background_repeat=”no-repeat” padding=”” margin_top=”0px” margin_bottom=”0px” class=”” id=”” animation_type=”” animation_speed=”0.3″ animation_direction=”left” hide_on_mobile=”no” center_content=”no” min_height=”none”][fusion_dropcap]G[/fusion_dropcap]iuseppe Mussari non è senese e non è nemmeno toscano. Giuseppe Mussari è nato nel 1962 a Catanzaro ed arriva a Siena per studiare giurisprudenza. In città capisce in fretta che gli intrecci economici si fanno solo se si conoscono i partiti giusti, per questo motivo intreccia rapporti privilegiati col Pci prima e col Pds poi. Nel frattempo, siamo nel 1993, diventa avvocato e presidente della Camera penale del capoluogo toscano: sono i primi passi del Mussari finanziare.
Nel 2001 il gran colpo: viene nominato presidente della Fondazione MPS, l’organo che controlla il Monte Paschi. Mussari si fa notare perché distante dal formalismo bancario dell’epoca: abiti casual, zainetto a tracolla, capelli lunghi. Ma si dimostra abile ad interlacciare rapporti con i politici di tutti gli schieramenti. Con Tremonti ministro dell’Economia, avviò una serie di accordi con i consumatori vedendo crescere la sua fama agli occhi dei governi di centro-destra. La sua idea è quella di un Monte colosso bancario con un ruolo di primissimo piano nel mondo del credito. D’altra parte erano i tempi in cui nascevano giganti come Intesa Sanpaolo e Unicredit, pertanto il sogno del presidente calabrese era soprattutto non perdere terreno.
E proprio per non perdere ulteriore terreno di fronte ai due colossi italiani, Mussari nel 2006 accetta la presidenza della banca Mps per concludere l’acquisizione di Antonveneta, la banca contesa da diversi grossi contendenti. Inizialmente Abn Amro riesce ad acquisire il gruppo bancario anche grazie all’azione giudiziaria con la quale saltò la testa del governatore della Banca d’Italia Antonio Fazio: i candidati all’acquisto erano la spagnola Santander, la Popolare di Lodi e, appunto, gli olandesi di Abn Amro. Il neo presidente senese, trattando con gli spagnoli subentrati ad Abn, riuscì a strappare l’Antonveneta ad un prezzo giudicato troppo elevato dagli analisti finanziari: 10,3 miliardi a fronte di 6,6 miliardi pagati da Santander solo qualche mese prima. L’operazione è malvista anche dalla procura senese, la quale manda la GdF a perquisire gli uffici della sede centrale. Ma la crisi è ancora lontana, e con l’acquisizione di Antonveneta il Monte ritorna ad essere il terzo polo bancario del Paese con oltre 3mila sportelli ed una ricca quota imprenditoriale nel portafogli.
Gli azionisti però chiedono spiegazioni, e Mussari, coadiuvato da Alessandro Profumo neo presidente della Fondazione, risponde che «non abbiamo pagato un prezzo caro per Antonveneta, è stata una bella operazione». Ma la crisi è dietro l’angolo e nemmeno l’integrazione tra le due banche riesce a mettere i conti al sicuro. Parte un forte piano di ristrutturazione, ma nonostante ciò il colpo per il Mps è devastante: si ricorre ai derivati per tirar su il bilancio del 2009. Non basta. Un’altra tegola arriva dall’indagine sull’ampliamento dell’aeroporto di Siena-Ampugnano.
La carriera di Mussari è irrefrenabile. Nel 2010 diventa presidente dell’Abi, l’associazione bancari italiani, e due anni dopo viene riconfermato alla guida mentre al Mps gli subentra Alessandro Profumo suo grande sponsor all’Abi due anni prima. Profumo viene nominato presidente sotto la pressione delle autorità di vigilanza, con una Fondazione in profondo rosso svenata dai continui aumenti di capitale e senza più maggioranza. La banca è costretta a chiedere aiuto allo Stato per rispettare i requisiti di capitale imposti dall’Europa. Antonveneta viene passata al setaccio, viene svalutata pesantemente, ed è in quest’ottica che Profumo e l’ad Fabrizio Viola trovano le magagne della passata gestione: un documento segreto tra il Monte dei Paschi e la banca d’investimento giapponese Nomura, al centro del quale c’era un contratto derivato, Alexandria, per la ristrutturazione del debito.
Giuseppe Mussari ieri si è dimesso dall’Abi. Il Partito Democratico, che in dieci anni ha ricevuto da Mussari 700mila euro sotto forma di donazioni, da oggi inizia a tremare.
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