oggi su Repubblica:
Se si ragiona così muore il Pd. E non solo perché un partito senza iscritti è come una democrazia senza elezioni, non esiste in natura, ma perché i diritti di chi si iscrive sono una parte fondamentale della rivoluzione che dobbiamo fare. Quando sento liquidare il voto di 330 mila iscritti come l’espressione degli apparati, penso che chi lo dice non sappia di cosa sta parlando. 330 mila persone non sono una oligarchia, sono una comunità
Per me Cuperlo sbaglia.
Non è un problema di diritti, o di apparati, o di oligarchia. Molto semplicemente il Partito Democratico sta pagando il prezzo del fallimento della linea politica di Pier Luigi Bersani e dei suoi: quell’area ha guidato il partito negli ultimi quattro anni; Bersani si è dimesso da segretario solo pochi mesi fa dopo aver vinto malamente le elezioni, fallendo nella formazione di un governo e consegnandoci quella sciagura delle larghe intese. Bersani e i suoi vanno giudicati per i loro errori nell’arco dei quattro anni non solo per l’ultimo. Bisogna, sinceramente e obiettivamente, trarre le debite conclusioni e poi, chiunque sarà il prossimo segretario, fare cose diverse.
Attaccare l’avversario sulle tessere mi sembra la solita guerra tra poveri. Sia Cuperlo che Renzi hanno idee condivisibili pur totalmente diverse. Leggendo l’intervista reputo però Cuperlo poco onesto intellettualmente perché evita di citare il punto essenziale: quando nel 2009 Bersani fu eletto segretario, e che stavolta sostiene il candidato Cuperlo, gli iscritti erano 820mila; oggi, dopo quattro anni sotto quella guida, gli iscritti si sono dimezzati a 330mila come ammette lo stesso Cuperlo. Io qualche domandina me la porrei.
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