Chi ha trent’anni sa che è un’età importante per molti aspetti. A trent’anni si pensa al primo o addirittura al secondo figlio; a trent’anni si ha già un lavoro e una carriera avviata al successo; avevano più o meno trent’anni Jim Morrison e Jimi Hendrix quando sono morti; a trent’anni Moravia aveva già scritto “Gli Indifferenti” e Van Gogh iniziava a dipingere le sue tele più famose. Trent’anni sono importantissimi in tutto il mondo. In Italia no. In Italia la società è convinta che a trent’anni si è ancora “giovani” e non si ha bisogno delle stesse esigenze e degli stessi diritti degli “adulti”. In Italia a trent’anni si è ancora adolescenti.
Questa è la realtà diffusa dalla rilevazione del NEET (Not in education, employment or training, in inglese) dell’Istat, i giovani che non studiano e non lavorano. Il dato dice che il 27,4 per cento dei giovani tra i 15 e i 34 anni sono in questa condizione, ovvero tre milioni e 750mila soggetti vulnerabili non sono inseriti nemmeno in quei percorsi di formazione – di lavoro e di studio – che spetta loro di diritto. Nel 2013 sono aumentati di 300mila unità rispetto all’anno precedente, e oltre la metà – due milioni e 10 mila giovani – vivono nel Sud.
Per l’Istat questa condizione riguarda tanto i quindicenni quanto i trentaquattrenni. Un’intera generazione di italiani è fuori dal perimetro ristretto della società del lavoro; un’intera generazione fatta da persone di età, bisogni e condizioni socio-economiche completamente diverse l’una dall’altra. Fino ad oggi i Neet sono stati considerati solo gli under 29, tant’è che nel terzo trimestre del 2013 erano il 27,4% a fronte del 24,9% dello stesso periodo del 2012. Nell’ultimo trimestre i giovani Neet tra i 29 e i 34 anni sono un milione e duecentomila, di cui 666mila nel solo Mezzogiorno. Analizzando il dato si legge che ben 1,5 milioni hanno studiato fino al diploma di scuola media, 1,8 milioni hanno la maturità e solo 437 mila possiedono una laurea, un dottorato o una specializzazione. Il Neet è in maggioranza di sesso femminile: le donne sono 2,112 milioni, gli uomini sono 1,643 milioni.
Il dato dei 34enni è stato inserito dall’Istat solo nell’ultimo report; aumentare la rilevazione fino ai 34 anni è un’anomalia, soprattutto se si pensa all’idea originaria del Neet basata solamente ai campioni 15-19 anni del 1999. Ma aumentare il campione è diventata un’esigenza: il dato del 27,4% di Neet fino a 29 anni ci colloca ad una percentuale tra le più alte d’Europa, solo Grecia e Bulgaria sono simili a noi. Ed è un dato assolutamente discordante dal resto del mondo, perché Neet, in Giappone o in Corea del Sud, è stato soppiantato dal “Freeter“: non sono più i giovani ad essere analizzati bensì le persone escluse dal mercato del lavoro, che non sono sposate o rifiutano di entrare in società.
Il Neet però non indica il tasso di disoccupazione giovanile, ma le condizioni escluse dal mondo del lavoro: il ragazzo che non studia né lavora, il disoccupato patologico, il malato o il disabile, gli inattivi che cercano un lavoro all’altezza delle loro competenze, chi rifiuta di lavorare. E il lavoratore in nero. Quindi è possibile che parte di quei 3,7 milioni di Neet rientrano in queste particolari categorie che, in ogni caso, sono lo specchio di una precarietà di massa che la società non riesce più a farsene carico né tantomeno a gestire.
Il dato allarmante, per concludere, è che la politica affronta la precarietà over 34 con gli strumenti adatti agli adolescenti: il ministero dei Beni Culturali ha offerto a 500 laureati under 35 un’indennità di 416 euro al mese – la cosiddetta “Garanzia giovani” – che sarebbe il pilastro della battaglia del governo contro la disoccupazione giovanile. Ai neo-diplomati e ai neo-laureati under 29 potrebbero invece andare 225 euro mensili (il calcolo è dell’Isfol). Tutti gli altri, ovvero la stragrande maggioranza, non rientrano nei criteri del decreto lavoro di agosto per finanziare apprendistati o tirocini attraverso la decontribuzione fino a 650 euro alle imprese.
Tuttavia non è l’unico destino riservato agli under 35 in Italia. Nel 2013, nel campo del lavoro indipendente, hanno aperto 100.321 imprese nel commercio, nell’industria, nei servizi e nell’agricoltura. Di questi il 38,5% sono al Sud. Segno che l’essere Neet non è per sempre e non è l’unica realtà in Italia.
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