Il primo ad accorgersene è stato l’economista Gustavo Piga e se non ci fosse stato il solito balletto attorno a Berlusconi probabilmente me ne sarei accorto molto prima. Rimedio stasera parlandovi dell’ultimo trucco contabile che il tecnico Saccomanni e il governo Letta stanno perpetrando ai nostri danni. Si annida in una tabella del DEF, la Documentazione Economica e Finanziaria, ossia gli indicatori di finanza pubblica.
Come si fa di solito un bilancio dello Stato? Si inventano fantasiose cifre di crescita del Pil e su quelle ci si basa; poi, sempre, si scopre che la crescita è stata enormemente inferiore e si procede alle manovre correttive. Sarà così anche stavolta.
Saccomanni si immagina una crescita del Pil di 220 miliardi in 4 anni: il nostro ministro dell’Economia deve avere un fornitore davvero straordinario se crede in un tasso di aumento del 14 per cento, più o meno. Ma ormai non basta più per stare negli omicidi parametri europei e allora il tecnico si inventa il crollo dello spread con conseguente calo dei rendimenti dai 250 punti di oggi ai 100 nel 2016: «l’attuale scenario ipotizza una graduale chiusura degli spread di rendimento a dieci anni dei titoli di Stato italiani rispetto a quelli tedeschi a 200 punti base nel 2014, 150 nel 2015 e 100 nel 2016 e 2017».
E questa è la motivazione scientifica: se non dovesse accadere vorrebbe dire che l’unione monetaria è fallita, quindi si farà di tutto per evitare che accada, e non accadrà. Con tanti saluti al maestro dell’empirismo David Hume.
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