Diluvio, l’imponente romanzo distopico di Stephen Markley, è un’esperienza che ti travolge, ti esaurisce e ti lascia pieno di domande: immagina gli Stati Uniti nei prossimi quindici anni, tra ecoterrorismo e rivolte, tracciando un ritratto di un paese fragile e paralizzato da politici incapaci di affrontare il cambiamento climatico e il futuro della specie umana.
“Diluvio” di Stephen Markley non è solo un romanzo, è un’esperienza. Una di quelle letture che ti cattura e ti consuma, lasciandoti svuotato e, al tempo stesso, pieno di domande. È il ritratto di un’America che guarda al futuro con il fiato corto e lo sguardo carico di paura, un paese sull’orlo del collasso ambientale, sociale, politico. E, al centro, ci siamo noi, con la nostra fragilità e la nostra incapacità di affrontare ciò che abbiamo davanti.
Il romanzo si presenta come un monumento letterario – 1300 pagine, un’impresa anche solo da reggere in mano – ma la sua mole è giustificata dalla vastità di ciò che contiene. Markley non si limita a raccontare una storia, ne racconta decine, intrecciando vite, visioni, ideali e disillusioni in un unico, immenso affresco. Dagli attentati ecoterroristi alle rivolte di massa, dai disastri naturali sempre più frequenti agli scontri politici che dividono gli Stati Uniti, tutto si muove in una danza caotica e terribilmente reale.
Al centro di tutto c’è il cambiamento climatico
La trama inizia con Tony Pietrus, un ricercatore che, nel 2013, pubblica un saggio intitolato Un’ultima occasione: un grido di allarme rivolto al mondo intero, una dichiarazione di guerra contro l’inerzia globale sul cambiamento climatico. Da lì, il romanzo si estende nel futuro, disegnando scenari che, nel 2024, sembrano più vicini che mai alla nostra realtà. Le catastrofi naturali che Markley immagina – alluvioni, uragani, ondate di calore – non sono più ipotesi fantascientifiche, ma parte del nostro quotidiano. Così come le tensioni sociali, la polarizzazione politica, la lotta per il potere. La domanda centrale è chiara: come reagirà il mondo, e in particolare il capitalismo, a una pressione climatica senza precedenti?
Al centro della narrazione c’è Kate Morris, una figura prorompente, una “rottweiler della crisi climatica” che guida la rivoluzione ecologista con una ferocia che sembra l’unica risposta possibile a un sistema paralizzato. Kate non è solo un personaggio, è un simbolo, la rappresentazione vivente di quel conflitto tra razionalità scientifica e irrazionalità umana che percorre tutto il romanzo. Attraverso di lei, Markley ci mette di fronte a domande scomode: la violenza può essere giustificata quando il mondo va a fuoco? Quali compromessi siamo disposti ad accettare per salvare ciò che resta del pianeta? E soprattutto, esiste un futuro possibile senza decarbonizzazione, senza una rivoluzione totale del nostro modo di vivere?
La narrazione si snoda tra un ventaglio di personaggi che copre tutto lo spettro della società americana. C’è Matt, detto “Catrame”, aspirante scrittore perso nel Wyoming, che vede nel rapporto con Kate una via di fuga dalla sua stessa apatia. Ci sono scienziati, politici, pubblicitari, uomini e donne che lottano con le proprie contraddizioni mentre cercano di navigare in un mondo che non fa sconti a nessuno. Markley ha la capacità rara di scavare nelle vite dei suoi personaggi, rendendoli reali, vicini, dolorosamente umani.
La crisi della politica
Ma Diluvio non si ferma qui. È un romanzo che si nutre di paranoia, di complotti, di caos mediatico. Attraverso espedienti narrativi come i riquadri con estratti di notizie e pagine che riproducono titoli di giornali, Markley immerge il lettore in un bombardamento di informazioni che riflette il nostro tempo, dominato da una sovrabbondanza di stimoli. Come in Ohio, non mancano critiche feroci al sistema, agli interessi delle lobby, ai ritardi della politica. E in questo senso, Diluvio si avvicina a opere come Underworld di Don DeLillo o Infinite Jest di David Foster Wallace, non solo per l’ambizione narrativa, ma per la capacità di mettere a nudo il cuore malato della società.
C’è anche spazio per un tocco di distopia tecnologica: negli Stati Uniti immaginati da Markley, l’intelligenza artificiale ha creato nuovi ecosistemi mediatici, come Slapdish, una piattaforma social immersiva che plasma intere realtà virtuali. Un futuro che non sembra poi così lontano, in cui la tecnologia diventa un’arma politica nelle mani di figure come il Pastore, profeta dei giorni nostri e candidato alle elezioni.
Diluvio non è una lettura facile, né vuole esserlo. È un romanzo che ti sfida, che ti costringe a guardare in faccia l’abisso e a chiederti se hai il coraggio di non distogliere lo sguardo. Alla fine, però, lascia anche una speranza: un’umanità fragile e imperfetta può ancora trovare una strada, se saprà fare i conti con i propri errori. Se saprà agire, prima che sia davvero troppo tardi.
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