Mario Monti si è dimesso da Scelta Civica. Il senatore a vita, leader e fondatore del movimento politico che doveva essere la terza gamba della Repubblica, ha quindi abbandonato la sua creatura per i dissidi sulla legge di stabilità all’interno del suo gruppo. Nel mirino dell’ex premier pare ci sia il ministro Mauro, accusato di fare la sponda al Pdl, suo “vecchio” partito. Adesso, inevitabilmente, Scelta Civica lascerà spazio alle manovre centriste.
Le dimissioni di Monti sono tra le più naturali conseguenze delle “larghe intese“, la schizofrenica farsa del governo all’opposizione e dell’opposizione al governo. Infatti, se notate, i ministri del Pd sono contro i parlamentari non al governo del Pd; i ministri del Pdl sono contro i parlamentari non al governo del Pdl. Monti adesso dovrà ovviamente riposizionarsi nel gruppo misto, e in questa fase – lui come tutti gli altri – faranno valere il loro peso quando dovranno decidere se stare in maggioranza o all’opposizione. Ed è proprio il riposizionamento, assieme ai distinguo di ogni singolo caso, la schizofrenica partecipazione a questa legislatura delle larghe intese: se si sta insieme ci si divide, se ci si divide si sta al governo.
Dello stesso esempio lo sbotto del vice ministro all’Economia Stefano Fassina stamattina nel suo blog sull’HuffPo. Io non so, e non sono nemmeno sicuro di volerlo sapere, se Fassina vuole dimettersi seriamente per essere stato scavalcato nella stesura della legge di stabilità. Però, a giudicare dall’articolo sull’Huffington Post nel quale demolisce la favola della necessità di tagliare la spesa pubblica, tabelle alla mano, perché è molto più bassa di quella degli altri paesi, le sue non sarebbero dimissioni di ripicca ma un grido di protesta perché il governo continua stoicamente a fare politiche che gli economisti mondiali hanno bocciato senza appello.
Poi però Fassina sbatte il grugno: «inutile farsi illusioni. Nel quadro delle politiche macroeconomiche vigenti nell’euro-zona, è impossibile una ripresa in grado di invertire il trend dell’occupazione. Semplicemente non è nella disponibilità di questo come di nessun altro governo nazionale». Fassina, perse le illusioni, si aggrappa alla speranza che queste politiche si rovescino come un guanto pur sapendo che è politicamente impossibile. E giustamente conclude che l’iceberg dei populismi regressivi affonderà il Titanic Europa. Dai Stefano, sei ancora in tempo per capire cosa vorrai fare da grande.
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