Mi è capitato di leggere una dichiarazione fatta negli Stati Uniti da Mario Draghi. Con un certo senso di rivincita, dato il luogo, il governatore della Banca Centrale Europea ha detto che «nei giorni della crisi molti commentatori da questa parte dell’Atlantico credevano che l’area euro sarebbe fallita, hanno sbagliato: l’euro è irreversibile, la strada delle integrazione è spianata». E infine ha magnificato la riduzione dei deficit europei in contrapposizione con l’esplosione di quello americano. Quasi una critica preventiva alla nuova collega che guida la Fed, Janet Yellen.
Non è la prima volta che il governatore di Francoforte fa sfoggio di tanta determinazione. Il suo “pronti a tutto per l’Euro” è stata la frase chiave nello spezzare le reni alla speculazione nell’estate del 2012. Certo, Draghi è un tecnico, ma come fa a non sapere che oggi queste politiche hanno fatto sì che il primo partito di Francia nei sondaggi è quello di Marine Le Pen?
Finché sono solo vite spezzate di disoccupati o falliti, il tecnico può considerarli effetti collaterali, ma quando diventano movimento politico ignorarle può essere l’inizio della fine.
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