Che si chiami Totem o lo si voglia considerare un tabù, attorno all’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori qualcosa incomincia a muoversi. Secondo le prime indiscrezioni il governo starebbe infatti valutando di non applicarlo ai nuovi assunti, ai quali verrebbe praticamente applicata una forma di risarcimento economico al posto del licenziamento senza giusta causa.
Una compensazione che crescerebbe con l’anzianità di lavoro, rischierebbe però il divieto di licenziamento discriminatorio legato al sesso o alla religione. Tutto questo per i nuovi lavoratori appunto, mentre i vecchi continuerebbero ad essere tutelati dall’attuale articolo 18. Un do ut es che che metterebbe il governo Monti in linea con quanto indicato nella lettera della BCE inviata all’Italia nell’agosto scorso, e che garantirebbe al professor Monti soprattutto una maggiore credibilità in Europa.
Il ministro Passera non ha dubbi: «Affronteremo tutti i problemi, anche quello della flessibilità in uscita – ha detto a Davos davanti ai potenti dell’economia globale – vi sorprenderemo». All’ottimismo di Passera, va però da contraltare la cautela del ministro Fornero che da questa settimana ha in mano le chiavi di questa delicata partita.
Di certo per ora ci sono solo i tempi, entro febbraio si dovranno chiudere quattro tavoli su cui si aprirà il confronto con le parti sociali: e cioè forme contrattuali, formazione, flessibilità e ammortizzatori sociali. Ed entro marzo dovrà essere varato il disegno di legge prima dell’inizio della campagna elettorale per le amministrative.
L’ex ministro del Lavoro Sacconi solleva però i primi dubbi: «Con il disegno di legge non si farà mai nulla» e auspica la via del decreto. Mercoledì le parti sociali s’incontreranno tra di loro, per poi sedere al tavolo col governo forse giovedì. Per le modalità di questo confronto si è aperta già qualche crepa.
Le indiscrezioni sull’articolo 18 non sono piaciute al leader della Cisl Bonanni: «Le parti sociali non possono essere solo delle comparse». In una lettera a Repubblica interviene con durezza anche Susanna Camusso: «La Cgil oggi, come Lama ieri, mette al centro occupazione e lavoro, – puntualizza contro chi sollecita aperture sindacali – ma mentre allora i salari crescevano, anche se molto erosi dall’inflazione, oggi siamo alla perdita sistematica del loro potere d’acquisto e ciò rappresenta una ragione importante della recessione in atto».
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