L’intervento diretto di Elon Musk sulla questione migratoria italiana in appoggio alla premier Giorgia Meloni, anticipa il nuovo approccio americano alla politica europea con una strategia mediatica che mischia aggressività e impatto sui social. Questa partnership con Trump punta a trasformare temi come immigrazione, sicurezza e bilanci commerciali in un campo di prova per le alleanze internazionali.
Elon Musk, con il suo solito stile diretto e provocatorio, è entrato a gamba tesa nel dibattito italiano sul trasferimento dei migranti in Albania, lasciando intravedere un assaggio del metodo che potrebbe caratterizzare l’operato della nuova amministrazione americana. Con una frase lapidaria – These judges need to go1 -, il patron di X interviene in modo deciso e, in sostanza, appoggia apertamente le scelte della premier Giorgia Meloni, richiamando il tipo di appoggio mediatico già sperimentato negli Stati Uniti per Trump. È una strategia che punta a unire aggressività politica e impatto di massa: con milioni di follower, Musk non si limita a fare un commento ma costruisce un messaggio che ha tutto il peso di un endorsement per una causa divisiva come l’immigrazione.
Lotta all’immigrazione illegale
La “lezione” è chiara per molti leader europei: l’immigrazione tornerà al centro delle alleanze internazionali e, per la nuova amministrazione Usa, diventerà il metro per valutare rapporti e convergenze. D’altronde, già dalla sua campagna Trump aveva messo la questione migratoria in cima all’agenda, vedendo in essa il primo passo per una riforma radicale della politica americana. La strada è quella: lotta serrata all’immigrazione illegale per garantire protezione a un elettorato che vive in aree trascurate, zone di disagio sociale e povertà, che i democratici in genere dominano ma che con questo approccio la destra punta a riconquistare.
Per raggiungere questi obiettivi, il team di Trump prepara un cambiamento drastico della macchina governativa. Dietro la figura di Musk c’è un progetto più ampio: l’idea di creare un Dipartimento per l’efficienza del governo, accorpare ministeri considerati obsoleti e decentralizzare una burocrazia considerata ostile. In questo piano, anche l’aspetto finanziario è pensato per rompere con il passato, sfruttando ad esempio le criptovalute per raccogliere fondi. Al centro, naturalmente, c’è la questione migratoria, di cui Trump ha affidato la gestione ai falchi Tom Homan e Stephen Miller. Con ambizioni ben chiare, questi puntano a risultati senza precedenti (un milione di rimpatri l’anno) riprendendo modelli del passato tipo l’Operazione Wetbacks di Eisenhower negli anni Cinquanta.
Questo progetto, in sostanza, si propone di stravolgere le regole del gioco non solo sul tema dell’immigrazione, ma anche sull’assetto stesso del governo, sfidando apertamente le strutture esistenti e cercando consensi oltre i confini americani.
Elon Musk spinge Giorgia Meloni
Per Trump, il rapporto con Musk non è una semplice alleanza: è una vera fusione di idee e strategie. Questa collaborazione si è formata con un obiettivo specifico, ossia attaccare l’amministrazione di Joe Biden e rivoluzionare settori chiave come la tecnologia avanzata, l’energia, le telecomunicazioni, l’esplorazione spaziale e il funzionamento stesso del governo. Questa “piattaforma” di convergenza politica è pensata per attirare nuovi alleati internazionali, dai conservatori canadesi come Pierre Polievre e Melissa Lantsman, alla Cdu di Friedrich Merz in Germania, fino all’Ungheria di Viktor Orbán. Nel quadro europeo, manca ancora un partner forte nel Mediterraneo, ma Musk, che conosce bene l’Italia, vede in Giorgia Meloni una possibile protagonista, sperando che torni a mostrarsi quella leader carismatica che nel 2018 ospitò Steve Bannon ad Atreju, e che nel 2022 intervenne al CPAC di Orlando.
Questa è solo la prima prova a cui Trump sottopone Meloni. La seconda prova potrebbe presto concentrarsi sul riequilibrio commerciale tra Italia e Stati Uniti, vista la stima del surplus italiano di 60 miliardi di dollari (e 140 miliardi per la Germania). In questa linea, Trump punta a un altro obiettivo: come già accaduto con la NATO, probabilmente chiederà agli alleati di aumentare la spesa militare fino al 2,5% del PIL, portando avanti così il suo “riassetto” dei rapporti bilaterali.
Il governo di Trump
Intanto, il nuovo team di Trump è già al lavoro per ricalibrare l’approccio internazionale. Musk, Homan, Miller e il neo Segretario alla Difesa Pete Hegseth incarnano l’anima più radicale della visione di Trump, mentre altri nomi rappresentano la componente più conservatrice e tradizionale del partito repubblicano. Alla guida del Dipartimento di Stato troviamo Marco Rubio, che manifesta la linea dura verso le autocrazie come Cina, Russia, Iran e Venezuela, ritenendo che l’approccio morbido di Obama e Biden abbia alimentato le attuali crisi globali. Condivide questa posizione il nuovo Consigliere per la Sicurezza Nazionale Mike Waltz, ex soldato delle forze speciali e veterano dell’Afghanistan, che vede nella Cina di Xi Jinping il principale avversario strategico.
Elise Stefanik, designata ambasciatrice Usa alle Nazioni Unite, è un’altra figura centrale: a dicembre, ha condannato pubblicamente i presidenti di alcune università americane, come Harvard e Columbia, per la loro tolleranza verso posizioni antisemite. C’è da aspettarsi che porterà questa stessa grinta al Palazzo di Vetro. Anche Lee Zeldin, futuro direttore dell’Epa (l’ente per la protezione ambientale), è in linea con questa filosofia conservatrice: dovrà armonizzare la difesa ambientale con la crescita economica, preparandosi a un’uscita dagli Accordi di Parigi, in linea con l’agenda ambientale di Trump.
- «Questi giudici devono andarsene». Non linko il post perché non ho nessuna intenzione di aumentarne l’engagement. ↩︎
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