Cercare di capire i 3.093 emendamenti, alcuni proprio assurdi, che sono stati presentati alla legge di stabilità è un po’ come sfogliare un libro dei sogni: ognuno ci mette del suo con molta fantasia e con nessun senso della realtà. Sembra quasi Totò che prova a vendere la fontana di Trevi.

Il Pdl, soprattutto, si caratterizza per il suo tentativo di riproporre ancora una volta i suoi storici, chiamiamoli così, cavalli di battaglia: nella propaganda berlusconiana i punti qualificanti sono sempre stati incardinati attorno al tema fiscale. E allora anche in questi emendamenti quello che brilla è, da un lato, il tentativo di riconfermare che dall’anno prossimo la nuova tassa che sostituirà l’Imu – che si chiamerà Tasi (o TUC) – in ogni caso non dovrà colpire la prima casa. E questo è l’emendamento sul quale il Pdl è pronto ad andare fino alla morte, proprio sull’idea che aveva promesso Berlusconi in campagna elettorale, la prima casa è un bene intangibile per gli italiani e quindi, indipendentemente dal reddito, nessuno ci deve pagare le tasse sopra.

L’altro emendamento qualificante è quello messo a punto da Brunetta e dal suo gruppo di esperti (anche se presentato da D’Alì, vicino ad Alfano), e ruota intorno ad una sorta di condono fiscale: sostanzialmente chiunque abbia una controversia con il fisco non dovrà più pagare il 100% di quello che deve all’Ufficio delle Entrate, ma basterà pagare l’80%, senza nessuna sanzione e/o interesse di mora, e la partita si chiude lì. In pratica una sanatoria, un condono appunto.

Da ultimo, altro cavallo di battaglia del Pdl, la vendita delle spiagge che secondo i calcoli – i loro – dovrebbe valere ben cinque miliardi di euro. Quindi un’ampia privatizzazione del Demanio che non è mai mancata nei programmi elettorali, e post elettorali, dell’area a cui fa capo Silvio Berlusconi.

Se si passa da una valutazione tecnica ad una valutazione politica, quello che viene fuori è un tentativo – neanche troppo celato – di precostituire un terreno sul quale si possa arrivare anche ad una rottura, e quindi una caduta, del governo Letta. Berlusconi in effetti ha difficoltà a far cadere l’esecutivo sui suoi processi, e quindi sul voto al Senato sulla decadenza che è in calendario per il 27 novembre, per cui ha molto più interesse a farlo sui temi a lui più cari e congeniali, ovvero sul fisco e delle tasse che gli italiani capiscono meglio e molto di più.

Vedremo se le cose andranno così, però la sensazione è che sia l’ultimo tentativo che il centrodestra berlusconiano, o quel che ne resta, sta facendo per difendere il proprio capo dalle problematiche giudiziarie e politiche ad esse connesse. In sostanza quello che si può dire è che in quella metà del campo ormai completamente desertificato, avvelenato e distrutto dagli scontri, non volano soltanto falchi e colombe ma soprattutto avvoltoi.