Ci sono momenti nella storia dell’umanità in cui si verificano conflitti tanto gravi che la neutralità non è più una strada praticabile e schierarsi non è solo necessario, ma diventa un imperativo morale. Se ciò è sicuramente vero per quanto riguarda i governi e i singoli individui, tale discorso non è applicabile agli ambienti accademici, dove determinati valori, necessità, opportunità possono essere messi a rischio da un eccessivo “estremismo”.
Il conflitto israelo-palestinese ci pone di fronte a numerosi interrogativi e, di recente, ci invita anche a meditare sul difficile bilanciamento tra libertà accademica, libertà di espressione e autonomia universitaria.
Attivismo o etica?
Edward Said, celebre scrittore e accademico americano di origine palestinese morto nel 2003, ha sempre incoraggiato la riflessione critica su questioni di guerra, politica e potere all’interno delle università, promuovendo anche l’attivismo politico in ambito accademico. Ma cosa succede quando l’attivismo politico delle università va a ostacolare e limitare uno degli obiettivi fondamentali delle università stesse, ossia la ricerca? Nasce qui un dilemma etico. Si tratta, tuttavia, di un dilemma che, in seguito a una riflessione critica, non è poi tanto difficile da risolvere.
Nonostante il suo spiccato attivismo politico, è difficile immaginare come Said giudicherebbe la recente decisione di alcune delle maggiori Università italiane di boicottare i bandi e le collaborazioni con vari atenei israeliani. Said, infatti, non ha mai sostenuto che le università dovrebbero necessariamente schierarsi in modo partigiano su questioni di guerra e politica. Egli ha semplicemente invitato a un maggiore coinvolgimento critico e responsabile da parte delle istituzioni accademiche nelle questioni sociali e politiche rilevanti, sottolineando l’importanza di una ricerca e di un insegnamento che sfidino le narrazioni dominanti e promuovano la comprensione critica delle complessità delle questioni globali.
Libertà del dissenso
Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, in occasione del conferimento della laurea honoris causa in Giurisprudenza all’Università di Trieste del 12 aprile scorso, ha mantenuto una linea analoga: si è espresso contro il boicottaggio e si è pronunciato a favore della tutela dei collegamenti tra università, che rappresentano opportunità di scambi di riflessioni, di collaborazioni, di esperienze. Naturalmente, ha sottolineato Mattarella, le università devono essere libere anche nel loro dissenso contro il potere, ma ciò non deve implicare un’interruzione del dialogo con Israele e un impedimento a opportunità uniche di apprendimento e di ricerca.
In determinati campi accademici Israele presenta infatti un ambiente di ricerca molto avanzato, che rappresenta una risorsa preziosa per studiosi e ricercatori italiani. Interrompere i collegamenti significherebbe quindi commettere un delitto contro la libertà accademica, contro l’importanza fondamentale della ricerca. Da qui la necessità vitale della moderazione: dopotutto, le guerre si combattono ancora sul “campo di battaglia” e non nelle aule universitarie.
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