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Ieri Francesco Belsito, il tesoriere del Carroccio indagato nell’inchiesta per i rimborsi elettorali al partito, ha parlato per diverse ore con i magistrati di Milano, e sono spuntati nuovi documenti che inguaiano la Lega.

Belsito dalle Fiamme Gialle. L’ex tesoriere è arrivato dalle Fiamme Gialle verso le dieci, accompagnato dai suoi legali, ed è andato via poco dopo l’una. Belsito ha consegnato ai pm alcune cartelline, fascicoli e documenti per dimostrare come «in questi anni ho goduto della massima fiducia ma ho sempre fatto e condiviso tutto con i vertici del partito e nell’interesse del partito». Ma non è stata la Procura a chiamarlo, bensì lo stesso indagato a volere il confronto. Nulla però è trapelato dall’incontro dato che le tre pagine di verbali sono stati secretati dalla Procura, e anzi i pm Filippini e Pellicano hanno persino detto che il nome di Bossi non è mai stato fatto durante le tre ore di interrogatorio. Però sappiamo che il nome del Senatur è ricorso spesso nelle dichiarazioni spontanee di Belsito. I pm, secretando i verbali su richiesta dei legali dell’ex tesoriere, danno adito ad un certo chiacchiericcio che presuppone rivelazioni pesanti, allo stesso tempo mandano un chiaro messaggio a via Bellerio: Belsito parla e vuota il sacco. «Ho sempre attaccato l’asino dove voleva il padrone» diceva Belsito nelle telefonate con la segretaria Nadia Dagrada. «Sono stato un buon amministratore, se ho sbagliato pagherò ma ho sempre agito nell’interesse del partito e su mandato dei vertici» ha detto ieri Belsito ai magistrati rivendicando le lezioni del “suo” maestro Balocchi, di cui faceva l’autista e il tutto fare, rivelando «spunti di finanza creativa dettati dai tempi e dai nuovi strumenti finanziari».
«Certo – si nota in Procura – la guerra interna alla Lega, lo scontro tra maroniani e bossiani, contiene un rischio di inquinamento sulle indagini». Ma a Milano stanno molto attenti perché sanno di camminare su un campo minato.

Finmeccanica, Lavitola e la tangente alla Lega. La Procura di Napoli sta indagando su una tangente da dieci milioni di euro pagati da Finmeccanica alla Lega, per la vendita di dodici elicotteri Augusta Westland 101 modello Vip alla polizia di New Delhi nel 2010. L’indagine è quella sulla corruzione internazionale che coinvolge Finmeccanica, la Repubblica di Panama e l’immancabile Valter Lavitola. Al centro delle indagini stavolta si trova l’ex numero due della società, Lorenzo Borgogni, costretto alle dimissioni perché travolto dalle inchieste, a cui i pm napoletani hanno fatto visita ieri a Lugano per ricevere conferme sulla vicenda indiana. I pm Curcio e Piscitelli hanno sequestrato materiale utile all’inchiesta in cui si  afferma che il mediatore dell’affare – dal valore di circa 41 milioni di euro – sarebbe un residente del posto, tale Guido Ralph Haschke. Secondo gli inquirenti, il costo sarebbe lievitato su richiesta dei vertici Westland, da 41 a 51, proprio per la maxi-tangente da versare al Carroccio. Finmeccanica smentisce tutte le accuse, ma l’ipotesi è molto avanti perché da dicembre il nuovo numero uno della società è Giuseppe Orsi, da sempre uomo di Maroni, quindi molto legato alla Lega. Tra l’altro, nel mirino degli investigatori, ci sarebbe pure l’affitto di alcuni capannoni in provincia di Varese di proprietà di un alto dirigente leghista. Naturalmente nessuno vieta che a capo della prima industria degli armamenti italiana ci sia un leghista, come nessuno vieta di affittare dei capannoni di proprietà di un libero cittadino. Per i magistrati però appare alquanto strano che in entrambi i casi, e in molti altri in cui si sta ancora investigando, ci sia la lunga mano della Lega a far da contrappeso. Un dubbio che le Procure di Milano e Napoli vogliono dissipare al più presto.

I diamanti rifiutati. In tarda mattinata, ieri, con un comunicato ufficiale della dirigenza di via Bellerio, la Lega vuole consegnare i diamanti comprati da Belsito perché «non sono stati acquistati per conto della Lega». La Guardia di Finanza li ha sequestrati ieri sera, solo che sono undici anziché dodici, quindi ne manca uno. Il valore del diamante mancante si aggira attorno agli 8mila euro. Con questa mossa il messaggio del Carroccio è abbastanza chiaro: Belsito non ha agito per conto del partito.