La rinuncia di Matt Gaetz a diventare procuratore generale, dovuta ai suoi scandali personali e alla probabile bocciatura al Senato, ha spinto Trump a nominare rapidamente Pam Bondi, ex procuratrice generale della Florida. Bondi, nota per la sua fedeltà a Trump e un passato politico meno controverso, rappresenta una scelta più sicura ma altrettanto lealista, rafforzando il controllo del presidente eletto sulla sua squadra.

L’annuncio di Matt Gaetz, ex deputato della Florida, di rinunciare alla carica di Procuratore Generale degli Stati Uniti è stato uno di quei momenti che raccontano molto sia su di lui che sulla politica americana polarizzata. Gaetz, scelto da Donald Trump per ricoprire un ruolo che è centrale nel governo americano, ha deciso di farsi da parte ufficialmente per non diventare una “distrazione” durante la transizione presidenziale. Ma è evidente che dietro questa decisione ci sono dinamiche molto più complesse.

Nomina problematica

Partiamo dal contesto. Il procuratore generale negli Stati Uniti non è solo l’equivalente del nostro ministro della Giustizia, ma ha poteri ben più ampi: può avviare direttamente indagini e azioni giudiziarie, influenzando profondamente l’amministrazione della giustizia nel paese. Per Trump, nominare Gaetz avrebbe significato avere un alleato fedelissimo e ideologicamente allineato a guidare uno degli incarichi più strategici. Ma questa scelta, già di per sé controversa, si è scontrata fin da subito con un muro di critiche.

Anche tra i Repubblicani, il nome di Gaetz ha creato non pochi malumori. Nonostante il partito controlli 53 seggi al Senato (l’organo che approva formalmente le nomine presidenziali), la sua conferma non era affatto scontata. Diversi senatori del GOP erano pronti a votare contro, preoccupati dal bagaglio di scandali che Gaetz si porta dietro. Tra accuse di cattiva condotta sessuale, uso di droghe e doni illeciti, la sua reputazione era già compromessa da anni.

Le accuse sessuali

Uno dei nodi centrali è stato il rapporto del comitato etico della Camera, che stava per essere pubblicato. Questo documento avrebbe fatto luce sulle accuse mosse contro Gaetz durante il suo mandato da deputato, molte delle quali si erano congelate con le sue dimissioni quando il presidente eletto lo aveva nominato alla Giustizia. I Democratici spingevano per rendere pubblico il rapporto, mentre i Repubblicani cercavano di bloccarne la diffusione. Sebbene non siano emersi dettagli precisi, è facile immaginare che il contenuto di quel rapporto fosse abbastanza problematico da spingere Gaetz a fare un passo indietro.

Un altro capitolo scottante riguarda l’indagine federale che ha coinvolto Gaetz tra il 2021 e il 2023. Il dipartimento di Giustizia – ironicamente, lo stesso che avrebbe dovuto dirigere – aveva aperto un’inchiesta per presunta tratta di minori a scopo sessuale. Gaetz ha sempre negato ogni addebito e, alla fine, l’indagine si è conclusa senza accuse formali. Tuttavia, l’ombra di queste accuse ha continuato a seguirlo, alimentando il suo personaggio di politico ribelle che si scaglia contro i “poteri forti” e denuncia un sistema giudiziario politicizzato.

La rimozione di McCarthy

Ma non finisce qui. Gaetz ha guadagnato ulteriori attenzioni l’anno scorso quando, insieme a un piccolo gruppo di Repubblicani radicali, ha orchestrato la rimozione di Kevin McCarthy da speaker della Camera. È stato un momento di altissima tensione per il partito: McCarthy, figura storica del GOP, era accusato da Gaetz e dai suoi alleati di essere troppo conciliante con i Democratici, soprattutto durante i negoziati per evitare lo shutdown del governo federale. La mossa ha lasciato il partito in un limbo per settimane – almeno fino alla nomina di Mike Johnson come nuovo speaker – con profonde divisioni interne che hanno indebolito la loro coesione politica.

Questi episodi spiegano perché Gaetz fosse visto con sospetto anche dai suoi stessi compagni di partito. Max Miller, deputato Repubblicano dell’Ohio, aveva riassunto il clima attorno alla sua nomina con una battuta al vetriolo: «Gaetz ha più possibilità di andare a cena con la regina Elisabetta II che di essere confermato dal Senato» – un commento ironico, considerando che Elisabetta è morta nel 2022.

In definitiva, la decisione di Gaetz di farsi da parte non sorprende. La sua figura è troppo dissociata e il suo passato troppo ingombrante per un ruolo così delicato. Per Trump, restava il problema di trovare un sostituto che coniughi lealtà e accettabilità politica, un equilibrio sempre più difficile da mantenere in un partito spaccato tra tradizione e populismo radicale. E per Gaetz, questa rinuncia segna un’altra tappa nella traiettoria di un politico abituato a vivere tra le polemiche, ma che questa volta potrebbe aver raggiunto il limite della sua ambizione.

Al suo posto Pam Bondi

Donald Trump non ha perso tempo a sistemare le cose dopo la rinuncia di Matt Gaetz alla carica di procuratore generale. Giovedì ha annunciato la nomina di Pam Bondi, anche lei della Florida, ma con un profilo decisamente meno problematico. Bondi è una lealista di lungo corso di Trump, ma senza il bagaglio di scandali personali e politici che aveva reso la candidatura di Gaetz una scelta spregiudicata.

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Un profilo più tradizionale

Pam Bondi, 59 anni, è stata procuratrice generale della Florida dal 2011 al 2019 e attualmente lavora come lobbista. Il suo curriculum è decisamente più tradizionale rispetto a quello di Gaetz: figlia del sindaco di una piccola città vicino a Tampa, ha iniziato come assistente procuratore nello stato, gestendo casi che spaziavano dalla violenza domestica agli omicidi. Tra i processi di alto profilo seguiti in quegli anni, uno riguardava Dwight Gooden, ex stella del baseball, condannato per violazione della libertà vigilata in un caso di droga.

Bondi è salita alla ribalta politica nel 2010, diventando la prima donna procuratrice generale della Florida. Un tempo registrata come democratica, è passata al Partito Repubblicano negli anni Duemila e ha cavalcato la sua linea dura contro il crimine per emergere da un’affollata primaria. Con il sostegno di Sarah Palin e frequenti apparizioni su Fox News, è diventata una figura di spicco nel GOP.

Una carriera controversa

Durante il suo mandato di otto anni come procuratrice generale, Bondi si è costruita una reputazione come avversaria delle politiche progressiste. Ha tentato di far revocare l’Affordable Care Act, si è opposta all’ampliamento delle tutele per la comunità LGBTQ e ha lavorato per contrastare la tratta di esseri umani. Tuttavia, la sua carriera non è stata priva di critiche.

Nel 2013, ha convinto il governatore Rick Scott a rimandare un’esecuzione perché coincideva con un evento di raccolta fondi per la sua campagna elettorale. Dopo le polemiche, si è scusata pubblicamente. Ancora più controversa è stata la sua decisione di non intraprendere azioni legali contro la Trump University, nonostante oltre venti denunce per frode presentate al suo ufficio. Poco dopo aver ricevuto le segnalazioni, il suo comitato elettorale ha incassato una donazione di 25.000 dollari da un’organizzazione legata a Trump. Entrambi hanno negato qualsiasi collegamento tra i due eventi, ma Trump ha comunque dovuto pagare una multa per violazione delle norme fiscali federali.

Il legame con Trump

L’allineamento di Bondi con Trump si è rafforzato ulteriormente dopo aver lasciato il suo incarico nel 2019. Ha lavorato come lobbista per aziende come Amazon e Uber, ma anche per il Qatar, paese al centro di complesse dinamiche geopolitiche. Nel 2020, è entrata nel team di difesa del 45° presidente durante il suo primo impeachment. Qui ha dato risalto alle accuse, mai provate, contro Joe Biden e suo figlio Hunter, consolidando il suo status di figura chiave tra i fedelissimi di Trump.

Dopo le elezioni del 2020, Bondi ha sostenuto le false accuse di frode elettorale promosse da Trump. In un’intervista su Fox News, ha accennato vagamente alla possibilità di “schede false” nei centri di conteggio, senza però fornire alcuna prova. La sua affermazione ha suscitato reazioni immediate, ma è rimasta una delle sue tante dichiarazioni a favore della narrativa trumpiana.

Una scelta meno destabilizzante

Con Bondi come nuovo procuratore generale, Trump sceglie un profilo più gestibile e meno divisivo rispetto a Gaetz, ma ugualmente fedele alla sua linea politica. La nomina conferma anche l’intenzione del presidente eletto di circondarsi di alleati stretti, pronti a sostenere la sua agenda in un contesto politico sempre più polarizzato. Se confermata dal Senato, Bondi avrà il compito delicato di guidare il dipartimento di Giustizia in un momento di grande pressione e scrutinio pubblico.

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