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Ieri al Senato, durante il voto di sfiducia al Ministro degli Interni Angelino Alfano (bocciato con 226 no, 55 sì, 13 astenuti), il capogruppo del M5S Nicola Morra ha citato un paio di volte Giorgio Napolitano per il suo discorso alla cerimonia del Ventaglio di giovedì: «Ieri è intervenuto nel dibattito politico chi sta sul Colle…». Il presidente Piero Grasso, chissà per quale norma o regolamento, lo fulmina all’istante: «Non sono ammessi riferimenti al Capo dello Stato. Lasciamolo fuori da quest’aula». Poi appena Morra prova a continuare – «Io faccio riferimenti a voce alta, se sbaglierò decideranno i cittadini. Dicevo il presidente della Repubblica…» – Grasso lo riprende di nuovo: «L’ho invitata a lasciarlo fuori, lei non può nominarlo» (al sesto minuto circa del video).

Ora, aldilà del fatto che non esiste nessuna norma e nessun regolamento del Senato  in cui sia espressamente vietato citare il Capo dello Stato in un discorso, fa specie notare i due pesi e le due misure adottate da Grasso in aula. Infatti in molti ieri hanno tranquillamente citato Napolitano nei loro discorsi senza incorrere alla censura presidenziale: oltre al capogruppo del Pd al Senato Luigi Zanda e il presidente dei senatori Pdl Renato Schifani, anche i democratici Francesco Russo e Stefano Lepri e i pidiellini Giuseppe Esposito e Anna Maria Bernini hanno inserito il Quirinale nei loro testi. Persino il presidente del Consiglio Enrico Letta ha parlato del Presidente della Repubblica. Sarà che il capogruppo pentastellato non ne voleva parlare positivamente come i suoi illustri e più titolati colleghi. Stavolta tocca dar ragione a Grillo: non nominare il Quirinale invano.

L’intervento del presidente dei senatori democratici Luigi Zanda

L’intervento del presidente dei senatori del Pdl Renato Schifani