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Alfano darà vita alla «più grande novità della politica», che «non somiglierà a nessuno dei partiti esistenti», e dopo «nulla sarà più come prima». Ma ci sarà sempre il solito Berlusconi.

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A quanto pare il burlesque si è trasferito dal tribunale di Milano al Parlamento. Alfano chiosa in tutte le salse alla «più grande novità della politica», ma la salsa è la solita minestra riscaldata con Berlusconi, con l’aggiunta di un pizzico di sale nascosto dietro la faccia di Luca Cordero di Montezemolo. Più che un cambiamento sembra un travestimento. Un burlesque, insomma.

L’incontro tra i due imprenditori prestati alla cosa comune, sembra aver rotto gli argini di un mistico scenario politico che confluirà in un gigantesco conflitto d’interessi. Uno scenario talmente apocalittico che quello passato ci sembrerà il migliore in assoluto.

Montezemolo si è smarcato dalla sinistra e dal Pd nel momento in cui Bersani ha deciso di appoggiare la linea socialdemocratica del candidato alla presidenza francese: «Bersani ha scelto la linea Hollande e un ritorno alla socialdemocrazia tradizionale, una scelta che vuole schierare l’Italia in difesa. Un percorso probabilmente impraticabile per un Paese indebitato come il nostro, ma pur sempre una scelta, di cui non va sottovalutato il potenziale appeal elettorale.  Mentre a destra di Bersani molto si agita ma nulla si costruisce, al di là di una “pretattica” fatta di roboanti dichiarazioni di principio e cambiamenti di etichetta. Un processo che rischia di accelerare la dissoluzione dei partiti che dovrebbero dare rappresentanza all’Italia moderata e liberale». Si passa, quindi, dal pradellino dell’auto a quello del treno extra-lusso.

Ne sono convinti anche i giornali vicini al Cavaliere. Sallusti crede che dopo l’incontro tra Berlusconi e Montezemolo, l’ipotesi più credibile è quella di una «lista del presidente Ferrari schierata con il centrodestra». Mentre su Libero Maurizio Belpietro converge sul fatto che «l’ex presidente della Fiat ha il curriculum giusto per poter essere presentato come la persona adatta a risollevare un Paese e farlo sognare». Perché quello che serve, spiega Belpietro, è «un uomo che conosca il mondo della politica ma che non ne abbia mai fatto parte, così da poter essere presentato come nuovo».

Da tutto questo scempio politico, la figura che ne verrà fuori sarà sempre quella di Berlusconi. Il Cavaliere, ritemprato da  sei mesi di assenza dalla scena politica principale, è pronto per lanciare la sua ultima creatura. E un incolpevole quanto distratto Angelino Alfano, farà la fine dei suoi predecessori illustri fatti fuori dall’irruenza del padrone del centrodestra riposato e ben saldo al suo nuovo giocattolino del 15%. Alfano, povero, è succube del momentum berlusconiano, e il suo posto – per quanto sia appagante – verrà preso dall’uomo del Cavallino.

E se questo scenario si avverasse davvero, avremo un conflitto d’interesse al cubo. Mediaset tornerebbe ad essere la padrona della tv e i giornali a favore del duopolio aumenterebbero con l’accesso al Corriere di cui Montezemolo è uno dei principali azionisti (lo è anche Berlusconi, tra l’altro), e con la fuoriuscita di Della Valle, Rcs sarà completamente in balia della «più grande novità della politica» degli ultimi 150 anni. Non solo: gli interessi di entrambi in banche e nel mondo della finanza farà il resto.

Ieri Libero titolava: «Il Cav vuol trasformare il partito in una fondazione: senza soldi dello Stato, gestita da manager e con soci al posto degli iscritti». Praticamente un misto tra partito-azienda e azienda-partito. Non male, non c’è che dire.

Anche questo si chiama cambiamento, anzi il burlesque del cambiamento.

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