Cento anni fa il socialismo si suicidò. Accadde quando, allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, i partiti che formarono la Seconda Internazionale votarono compatti nei loro parlamenti il finanziamento dei crediti di guerra, mossa che contribuì a mandare alla morte 16 milioni di persone tra soldati e civili.
In Francia, Jean Jaures, voce commovente e solitaria contro la guerra, fu abbattuto a rivoltellate il 31 luglio, il giorno prima dell’inizio ufficiale della Grande Guerra. Quattro giorni più tardi il solo Karl Liebknecht ebbe la forza di dire no nel dibattito sulla guerra al Reichstag.
Gli italiani, come al solito alla ricerca di una inesistente terza via tra guerra e pace, inventarono lo slogan “né aderire né sabotare” che, insieme a tengo famiglia, dovrebbe campeggiare sul tricolore. Furono quelle intemperie a ridare spazio politico ad un esule senza speranze come Lenin, a fare di Mussolini un fascista, a strappare al suo destino di déraciné Adolf Hitler.
Perché parto da così lontano? Perché penso che la conversione di Francois Hollande alla teoria della “svolta liberale”, sia, nella farsa, la ripetizione di quella tragedia. Stavolta definitivamente.
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