Oggi, 18 gennaio, il web si ferma per 12 ore contro la SOPA: Stop Online Piracy Act, ovvero lo strumento legale per fermare la pirateria online accusata di bloccare il flusso della rete perché troppo restrittiva.
Le proteste contro “Sopa” e “Pipa“, le due leggi in discussione al Congresso e al Senato degli Stati Uniti, avviene perché le due proposte indirizzano verso qualcosa di estremamente sbagliato: per proteggere il diritto d’autore dalla pirateria online, sarà lecito adottare tutte le misure disponibili anche a costo di limitare la libertà di espressione in rete.
I big della rete si sono mossi adottando uno sciopero di 12 ore, sistema che rende benissimo al di fuor del digitale, ma che in realtà non è mai stato sperimentato su internet perché – finora – gli interessi erano enormi.
Uno dei promotori dell’iniziativa è la NetCoalition, una coalizione della rete in cui spiccano i nomi di Google, Facebook, Yahoo, Amazon, eBay, PayPal e Wikipedia. La coalizione ha già fatto capire che non intende soprassedere all’abuso della rete. E’ nato un movimento chiamato Sopa Strike: “18 gennaio 2012, la più grande protesta online della storia per fermare la censura a internet di SOPA e PIPA. Unisciti alla più grande protesta online della storia: dì ora al Congresso di bloccare questo disegno di legge!“.
Nel testo fatto girare dalla Netcoalition qualche settimana fa, si capiscono perfettamente le motivazioni della protesta: «concederebbero al governo Usa il potere di censurare internet con procedure simili a quelle usate da Cina, Iran e Malesia».
All’inizio la Casa Bianca aveva sostenuto le leggi, qualche giorno fa invece Obama si è dissociato con questo comunicato che nella sintesi porta a questo risultato: «Anche se crediamo che la pirateria online sia un grave problema che richieda una forte risposta legislativa, non sosterremo una legge che riduca la libertà di espressione, aumenti i rischi per la cyber sicurezza o mini alla base il dinamismo e l’innovazione della Rete globale». Le reazioni sono state immediate.
Rupert Murdoch, il magnate australiano della NewsCorp, ha inviato la risposta dal suo account Twitter: «E così Obama ha deciso di buttarsi dalla parte dei padroni della Silicon Valley, che minacciano tutti i creatori di software con la pirateria, puro ladrocinio»
E veniamo ad alcuni dei maggiorinetwork che oggi incrociano le braccia.
Wikipedia Usa ha deciso di oscurare le proprie pagine per tutta la giornata di oggi come fece la pagina italiana quando era in approvazione l’ultima legge contro le intercettazioni; BoingBoing – il celebre blog tecnologico fondato da Cory Doctorow – ha deciso di fare lo stesso, rendendo inaccessibile il proprio sito con un error 503, servizio indisponibile. Google è usabile, ma rimanda ad una pagina contro le due leggi; Mozilla ha pensato di oscurare la pagina iniziale di tutti i browser Firefox indicizzati negli Stati Uniti. Electronic Frontier Foundation ha cambiato la home in un nero assoluto in cui lo spostamento del mouse illumina la parte evidenziata.
Ci sono state poi delle prese di posizione dubbie. Pur appoggiando la protesta, Dick Costolo, Ceo di Twitter, ha bollato come «sciocca l’iniziativa di chiudere un business globale in risposta a una legge locale». Oggi Twitter gira come sempre con i soliti problemi di accesso accentuati dallo spin-off Sopa.
In Italia sono pochissimi i siti e i blog che partecipano alla iniziativa, probabilmente perché non ci tocca da vicino. Su Sopastrike.com la lunghissima lista di chi finora ha confermato lo sciopero.
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