Quando nel 1943 Luigi Einaudi tornò a scrivere dopo il lungo silenzio del ventennio mussoliniano, il suo primo articolo per il Corriere lo titolò “Heri dicebamus“, dove eravamo rimasti, come per continuare il filo del discorso interrotto nel 1925 quando fu tra i firmatari del Manifesto degli intellettuali antifascisti di Benedetto Croce.

In questo 2013 hannus terribilis sotto moltissimi aspetti, possiamo dire anche noi – dopo la decaduta berlusconiana – Heri dicebamus. Con l’unica e fondamentale differenza che nulla è cambiato da vent’anni a questa parte. E oggi, primo giorno da uomo libero, l’alito del Cavaliere è ancora lì ad avvolgerci come un mantello. Ci prende per le mani, per i piedi, per le gambe, ma soprattutto per le tasche dove teniamo solitamente il portafogli.

Gioco facile è dare la colpa di tutti i nostri mali a Berlusconi. Fortunatamente non è così perché tra la crisi di governo annunciata dalla piazza, e la crisi rientrata con l’accordo tra Angela Merkel e Peer Steinbrück, l’unica cosa che fingiamo di ritenere interessante è l’ennesimo crollo dei prestiti dalle banche alle imprese nell’eurozona. Nemmeno la spassosa querele tra Schifani e Sallusti è riuscita a tagliare la fitta coltre di nebbia che Letta e il suo governo di strette intese sta attuando. Lo strangolamento degli enti locali – già tartassati dallo spostamento dell’Imu per poi vedersela rubare da sotto gli occhi con l’ultimo acuto berlusconiano – è in piena fase avanzata con la parodia di federalismo fiscale che nemmeno la Lega ai bei tempi.

Certo, Letta e Saccomanni hanno giurato che i rimborsi arriveranno; il rischio, o forse la certezza, è che a pagare saranno sempre i soliti. Però, mentre il governo si fa bello per l’abolizione dell’Imu, noi comuni mortali dovremo accontentarci dei rialzi dell’Irpef regionale e vedere sindaci litigare in ogni luogo per ottenere, quasi fosse l’offerta in chiesa, quella mezza Imu promessa per gennaio. Saranno botti di Capodanno, anzi botte a Capodanno.