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La scelta di affidare la guida del Pd a Epifani è una buona scelta. Non è sicuramente la migliore, però è l’unica possibile nell’attuale contesto politico del Partito Democratico. Un traghettatore che consentirà al Pd di arrivare al congresso di ottobre senza ulteriori rotture interne ma, allo stesso modo, non spariglierà nessuna delle correnti che fanno parte della storia del partito. La scelta Epifani è dettata soprattutto per non spaccare il partito fra sostenitori e oppositori di Letta, l’unico che goda di fiducia e credibilità a maggioranza. Ma non basta: “Scusa, ma ‘dopo’ cosa hai intenzione di fare?”. “Sono qui per servizio, dopo vediamo, lo valuteremo insieme”. L’albero delle idee, il partito degli ideali.

Il Pd, con la sciagurata figura nell’elezione del Presidente della Repubblica, ha perso consensi sia del proprio elettorato che dei simpatizzanti che lo avevano sostenuto a febbraio. La colpa di tutto è stata data ai 101 che non hanno votato Prodi, ma è solo l’ennesimo capro espiatorio per sostenere l’insensata organizzazione del gruppo dirigente che ha fatto il bello e il cattivo tempo dentro al partito sin dalla sua fondazione (se non prima). I 101 sono senz’altro colpevoli, ma le colpe di Bersani, D’Alema, Fioroni, Veltroni, Bindi, Finocchiaro e tutti gli altri sono palesi come è palese che il Pd va avanti con le decine di correnti interne pronte a spartirsi uno specchietto di allodole che lo tiene a galla solo per il più classico filo di Arianna. Avrei voluto, a questo punto, una rottura definitiva tra i correntisti in modo che la resa dei conti portasse a qualcosa di definitivo e produttivo perché è questo il nodo centrale del Pd: fare sempre ammuina in modo che tutto rimanga uguale e che chi comanda cambi solo la sua posizione senza mai cambiare il modo di operare.

Ogni volta che si annunciano assemblee o direzioni di fuoco, statisticamente tutto finisce a pizzette e birra. È un dato di fatto, non me lo invento io. Sabato invece le pizzette dovevano finire in faccia ai capicorrente perché era il momento giusto per farlo. Invece è finita come al solito. Peccato. Un’assemblea del genere, se fossimo un partito che ha davvero voglia di cambiare e ricambiarsi, avrebbe portato inevitabilmente ad un Pd nuovo e vincente, magari anche bello dopo i quattro anni di ruggiti sdentati di Bersani. E invece ha solo portato che tutti, ma proprio tutti i capicorrente hanno dato indicazione di voto per Epifani, e il neo segretario nel suo intervento ha spiegato che al Congresso si parlerà più di idee che di persone. E poi parliamo di anomalia al governo…