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Nell’attesa di capire che fine hanno fatto i cinque chili in lingotti d’oro comprati da Belsito per conto della Lega, all’interno del Carroccio convivono quasi decorosamente due partiti in uno: quello dei conservatori bossiani, e quello dei rottamatori maroniani.

La Lega del 2012 assomiglia sempre più alla Dc nell’ultimo congresso dell’89. L’unica differenza è che il Carroccio ha solo due fazioni, mentre nella Democrazia Cristiana ce n’erano addirittura cinque ma con le prime due che raggiungevano più del settanta per cento dei coptati. Al momento la Lega è integra, ovvero non ci sono scissioni ufficiali; ma l’aria che tira in via Bellerio vede sempre più leader Maroni, con Bossi relegato nelle retrovie assieme a tutti i suoi orfani.

Si racconta però che lo stesso Senatùr sia stanco delle purghe staliniste del suo ex delfino, e sta già studiando la strategia per sbarrare la strada a Maroni al congresso di giugno. Non è nemmeno tanto campato in aria che sia lo stesso Bossi il candidato dell’area che lo vede capeggiare: la trombata Mauro, il fido Reguzzoni, lo stalliere Calderoli, tutti sotto la regia della moglie del capo, Manuela, stanno cercando di convincerlo a ricandidarsi e contrastare l’ascesa del segretario in pectore.

La signora Bossi ha già raccolto i consensi di una ventina tra parlamentari e senatori per fondare quella “corrente di famiglia” contro le scope maroniane e dimostrare che «Bobo non può essere leader di tutti, ma solo della sua fazione».

«Quello si crede già leader, ma se voglio mi prendo il simbolo della Lega, che è mio». Sono queste la parole che avrebbe urlato Bossi nella sede milanese ai suoi e a chi, in quel momento, lo stava ad ascoltare di sfuggita o per caso.  In realtà, almeno stando a quello che si dice, Alberto da Giussano, il simbolo storico della Lega, apparterrebbe a Berlusconi che lo avrebbe rilevato anni fa per garantirsi i servigi di Bossi vita natural durante. Ufficialmente quel simbolo appartiene a Bossi, alla moglie e al senatore Giuseppe Leoni: i tre cofondatori della Lega Lombarda nel 1986.

Bobo Maroni, dal canto suo, sta facendo una vera e propria epurazione di bossiani. Dopo aver convinto Bossi a estromettere Reguzzoni da capogruppo alla Camera e aver fatto fuori Rosi Mauro in un consiglio federale infuocato, Maroni è riuscito nell’impresa di far dimettere dal consiglio regionale lombardo Monica Rizzi, la badante del Trota. Del resto a Bergamo l’aveva fatto capire: «Sei falsa come la tua laurea!» diceva uno striscione maroniano nei confronti della potente dirigente bresciana.

Per la defenestrazione della Rizzi non è servito nemmeno il “Metodo Mauro”, la signora se ne è andata di sua spontanea volontà salvando almeno la tessera del partito: «alla richiesta del mio partito di fare un passo indietro rispondo “obbedisco”». Le purghe si sa, sono sempre spontanee. Al suo posto dovrebbe arrivare un’altra donna, Luciana Ruffinelli. La misoginia non fa parte del vocabolario maroniano. Ma la lista degli indesiderabili non è ancora finita.

Al primo posto c’è il nemico di sempre, Marco Reguzzoni, sospettato di aver tramato con la “padana terrona” di voler far fuori Bobo già a gennaio. Reguzzoni, neppure minimamente sfiorato dalle indagini delle varie Procure, avrà probabilmente vita abbastanza agiata e non ci dovrebbe essere nessun pretesto reale per farlo fuori. Lo dice a denti molto stretti uno dei maroniani di ferro alla corte del neo segretario in pectore: «Per ora non c’è alcun pretesto ragionevole per cacciarlo». Più che a via Bellerio pare di essere in piazzale Loreto, tale è l’aria che si respira.

Di altre correnti al momento non se ne parla, neppure Reguzzoni ai suoi dice di averci pensato: «Non possiamo essere noi a dividere». L’altra correntista potrebbe essere Rosi Mauro. Al momento se ne sta buona buona tra i banchi del Senato senza che nessuno le possa dire qualcosa – «Non è sfiduciabile», conferma Schifani – ma tra le fila di Gemonio già più di qualcuno riconosce in lei doti maschili: «Ha dimostrato di avere i controcoglioni».

Maroni invece sembra si sia buttato nuovamente nella politica extra partito: «i rimborsi ai partiti, noi li diamo al volontariato». Ma il pallino legaiolo rimane: «Leggo sui giornali che qualcuno in Lega utilizzava telefoni intestati ad extracomunitari. Non ci posso credere, speriamo almeno che avessero il permesso di soggiorno…». Eh sì, diventa indispensabile a questo punto.

Nel frattempo anche la Corte dei Conti lombarda indaga sugli acquisti di Belsito.