La campagna elettorale Pier Luigi Bersani la chiude all’Ambra Jovinelli a Roma, davanti al pubblico delle grandi occasioni. Non i 400mila di Grillo, naturalmente, ma un nutritissimo gruppo di fedelissimi che hanno dato il via al botto finale del Partito Democratico. Davanti al pubblico amico, Bersani ha raccolto a sè i volti noti del partito: Giovanna Melandri, Stefano Fassina, David Sassoli, Ignazio Marino, Eva Grimaldi, Diego Bianchi “Zoro”, Pietro Grasso, Emiliano Mannucci e Nicola Zingaretti. E per finire col botto, come dicevamo, è arrivato Nanni Moretti a ricucire lo strappo di dodici anni fa (“Con questi dirigenti non vinceremo mai. Il problema del centrosinistra è che per vincere bisogna saltare due tre quattro generazioni” disse il regista in una famosa sera di febbraio del 2002 sempre in chiusura di un’altra campagna elettorale).
L’effetto sorpresa è stato palpabile; il regista, in maglioncino rosso bordeaux con pantaloni beige di velluto a costine, è entrato in sala preceduto solo da Simona Marchini e Piero Badaloni. Salito sul palco uno gli ha gridato “Dì qualcosa di sinistra” e lui, Moretti, in tutta risposta ha fugato i dubbi: «Spero che lunedì festeggeremo la liberazione di sessanta milioni di persone, ostaggio degli interessi di un uomo solo». Quell’uomo solo è, naturalmente, quel Silvio Berlusconi che stasera doveva chiudere la cmpagna Pdl a Napoli ma ha dovuto inviare un video-messaggio perché affetto da una grave congiuntivite.
Pausa e poi: «Se dovessimo vincere, questa volta fatela una legge sul conflitto d’interesse, per mettere sullo stesso piano tutti quelli che votano». Moretti si prende una soddisfazione non indifferente: nemmeno l’ingresso di Bersani, di lì a poco, è stato applaudito come il suo intervento.
Sobrio e cauto il discorso di Bersani; e non è un caso che il segretario Pd, sempre nel segno della continuità, ha scelto di chiudere la sua campagna sullo stesso palco dal quale l’aveva iniziata il 17 gennaio scorso. Solo che allora non c’era Nanni Moretti.
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