Joe Biden ha annunciato la grazia per suo figlio Hunter, contraddicendo una promessa precedente di non utilizzare i poteri presidenziali per questioni familiari. Hunter era stato condannato per reati legati all'acquisto di un'arma e all'evasione fiscale, che avrebbero potuto comportare una pena detentiva. La decisione di Biden solleva interrogativi sulla sua credibilità politica e alimenta accuse di favoritismi, considerato il legame tra Hunter e la sua carriera, avendo sfruttato il cognome paterno per opportunità professionali. I sostenitori di Biden giustificano la scelta per motivi politici e umani, ma la grazia rappresenta un colpo all'immagine etica del Partito Democratico. Questa decisione potrebbe avere conseguenze ben oltre il caso specifico, offrendo un precedente per future abusi del potere di clemenza e minando l'integrità del partito.

«Oggi ho firmato il provvedimento di grazia nei confronti di mio figlio Hunter». Comincia così il comunicato con cui Joe Biden ha annunciato una decisione clamorosa smentendo una promessa fatta e ribadita più volte: non avrebbe mai utilizzato i poteri presidenziali per questioni familiari. Solo poche settimane fa la Casa Bianca aveva categoricamente escluso questa possibilità.

Hunter Biden, al centro di polemiche da anni, era stato condannato per due reati: aver mentito sull’acquisto di un’arma omettendo la sua tossicodipendenza e per evasione fiscale, nonostante avesse successivamente sanato i suoi debiti con l’erario. Entrambi i casi avrebbero potuto portarlo in carcere, con una sentenza attesa nei prossimi giorni.

Come funziona la grazia presidenziale

Il potere di grazia è una prerogativa esclusiva del presidente e concede ampi margini di azione: può essere applicato a ogni tipo di reato federale, incluso in via preventiva come avvenne con Nixon nel 1974. Biden, nel comunicato, ha motivato la sua scelta sostenendo che «nessuna persona ragionevole» potrebbe negare che suo figlio sia stato preso di mira esclusivamente per il legame familiare. E in parte ha ragione: i reati contestati a Hunter raramente arrivano in tribunale e di norma si concludono con una multa. Il clamore mediatico e il peso politico hanno però reso il suo caso un’eccezione.

Tuttavia, la grazia presidenziale non cancella i dubbi: al di là delle attenuanti, questa scelta alimenta le accuse di favoritismi e rischia di indebolire ulteriormente la credibilità politica di Joe Biden in un momento cruciale per il futuro del Partito Democratico.

La grazia concessa da Biden non è solo una mossa estrema per proteggere il figlio Hunter da una condanna, ma un atto che mette uno scudo su dieci anni della sua vita, dal 2014 al 2024. È una decisione che non copre solo i reati già accertati, ma qualsiasi altra accusa futura per fatti di quel periodo. E proprio qui si annida il problema più spinoso: il passato di Hunter non è fatto solo di scelte personali discutibili, ma di situazioni che intrecciano il suo ruolo con la posizione politica del padre, allora vicepresidente.

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Le giustificazioni

Hunter Biden non si è fatto scrupoli a sfruttare il cognome e il ruolo paterno per entrare nei consigli di amministrazione di aziende come il fondo d’investimento a partecipazione cinese BHR e il colosso energetico ucraino Burisma. Nessuna prova concreta di reati o favori in cambio di denaro è mai emersa, ma la percezione che il suo arricchimento fosse legato a un possibile accesso privilegiato al vicepresidente ha creato un alone di opacità intorno alla famiglia Biden. Ora, con la grazia estesa al decennio in questione, l’interrogativo sul perché nessuno abbia voluto approfondire davvero queste vicende rimarrà senza risposta.

I difensori di Biden giustificano la sua scelta con due argomenti principali. Uno politico: se Trump e i Repubblicani giocano sporco, utilizzando le istituzioni come armi per colpire gli avversari, perché Biden dovrebbe lasciare suo figlio indifeso? L’altro umano: Hunter ha affrontato una vita difficile, segnata da tragedie familiari e lotte personali, e un padre di oltre ottant’anni che non ha più nulla da dimostrare nella carriera politica non poteva voltargli le spalle.

Ma entrambe le linee di difesa si infrangono contro il peso delle parole di Biden. Più volte, e senza lasciare margini di ambiguità, aveva dichiarato che non avrebbe mai concesso la grazia al figlio. Questa promessa è stata al centro della narrazione democratica: un contrappunto al nepotismo e al cinismo di Trump. Eppure, il Biden che invitava a mettere il paese sopra gli interessi personali o di partito ha virato clamorosamente. Una retromarcia che, almeno politicamente, lo fa apparire simile a coloro contro cui aveva costruito la sua immagine.

Un regalo a Trump

La decisione di Biden non è solo una questione personale. È un colpo alla narrativa etica e istituzionale che i Democratici avevano cercato di difendere, un errore che rischia di costare caro non solo al presidente ma a un’intera parte politica che si è vista, anche questa volta, tradire le sue stesse promesse.

La grazia concessa da Biden potrebbe davvero aprire una nuova fase nell’uso del potere presidenziale, ma non certo una positiva. Il precedente è un regalo su un piatto d’argento per Trump e i Repubblicani, che lo useranno per giustificare qualsiasi abuso del potere di clemenza. Se mai ci saranno accuse di favoritismi, corruzione o strumentalizzazione della giustizia contro Trump, la risposta sarà semplice: «L’ha fatto anche Biden». E infatti…

L’effetto immediato è una delegittimazione di qualsiasi tentativo democratico di presentarsi come il partito dell’integrità istituzionale. I loro racconti, già messi a dura prova dalla polarizzazione del paese, potrebbe crollare definitivamente. Se i Democratici perdono anche questa credibilità, cosa resta? Uno spazio vuoto, facile da occupare per chi vuole continuare a governare con slogan populisti e minacce.

L’ultimo frammento di dignità

In questa fase di transizione, con un presidente uscente e una nuova amministrazione entrante, ogni atto pesa doppio. Non è solo Biden a compromettere la sua eredità; sta anche fornendo argomenti e strumenti a Trump, che saprà sfruttarli con il cinismo che lo caratterizza. L’idea che Biden possa cercare di graziarsi un frammento di dignità con atti di clemenza più altruistici è nobile sulla carta, ma difficilmente cambierà il giudizio politico complessivo.

E la possibilità di una grazia preventiva per personaggi come Fauci o Pelosi non è così improbabile, vista la retorica di vendetta che Trump ha cavalcato per mesi. Sarebbe una mossa senza precedenti, ma che testimonierebbe il livello di sfiducia e paranoia che caratterizza la politica americana dell’ultimo decennio. Se Trump andrà fino in fondo, rischia di consolidare l’idea che gli Stati Uniti siano entrati in una nuova era politica, dove la giustizia è sempre subordinata alle logiche di parte.

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