Al capezzale di Pier Luigi Bersani si è consumato l’ultimo strappo – in ordine cronologico – tra Letta e Renzi. La faglia va ben oltre le divisioni nate dal congresso, per questo potrebbe essere più pericolosa per il segretario Pd perché i governativi sono nella sua maggioranza e buona parte anche in direzione nazionale. Per cui il voto del gruppo parlamentare è sostanzialmente a scatola chiusa: alla Camera, dove è pure possibile il voto segreto, i numeri per far passare la legge elettorale concordata con Berlusconi potrebbero esserci; al Senato, dove l’eventualità del segreto non c’è, Pd e Forza Italia – da soli – hanno la maggioranza assoluta e quindi una spaccatura in aula è sempre possibile.
Ma mentre Renzi si avvia ad incontrare il Cavaliere oggi pomeriggio al Nazareno, le analisi di convenienza di tutti gli attori chiamati in causa suggeriscono che le prime avvisaglie di rottura si vedono tutte. Quella di Renzi è per non andare ad elezioni anticipate con un sistema elettorale che lo penalizza (il proporzionale uscito dalla sentenza della Consulta) e la patente di riabilitatore di Berlusconi; quella di Letta è per non dover lasciare Palazzo Chigi proprio alla vigilia del semestre europeo (minacciando le dimissioni); quella di Alfano è per evitare un sistema elettorale letale per i partiti come il suo a costo anche di rinunciare al doppio turno tanto caruccio; quella di Forza Italia è per far tornare in corsa il leader defenestrato alla vigilia dell’affidamento coatto. Le ipotesi che guardano altrove sono poche, ma chiaramente non impossibili.
E quindi? E quindi si riparte intanto dal Mattarella corretto perché, come dice Sartori, di sistemi elettorali Renzi ne propone tre, ma sono tutti sbagliati. Ovviamente non è così, tant’è che lo stesso costituzionalista dice – tra una critica e l’altra al professor D’Alimonte – che il sistema del doppio turno di collegio potrebbe funzionare a patto che non si candidino le coalizioni ma i partiti da soli. E quindi si riparte da quello che c’è già, il Mattarellum, ponendo le basi sul sistema che verrà.
Un confronto tra le tre proposte possiamo intanto cominciare a farlo.
Sistema elettorale spagnolo. La versione nostrana del sistema spagnolo dice che verrebbero mantenuti tanti piccoli collegi – 118 per l’esattezza – ma con una soglia di sbarramento del cinque per cento quindi molto alta. Se da un lato si eviterebbe una frammentazione abnorme di partitini e partitucoli, dall’altro regalerebbe agli stessi un sostanzioso diritto di tribuna al ballottaggio proponendosi come alleati dei due partiti arrivati al secondo turno. Il rischio però di non avere comunque una maggioranza solida è molto alta (cfr. L’Unione), e il premio di maggioranza di 92 seggi, pari al 15%, fa il paio con quella assoluta della Camera a 316.
Mattarella corretto. Il vecchio Mattarallum prevedeva il maggioritario a turno unico per la ripartizione del 75 per cento dei seggi in Parlamento; il proporzionale per il 25 per cento dei seggi al Senato e liste bloccate per l’altro 25 per cento alla Camera. La proposta di Renzi prevede invece 475 collegi uninominali e l’assegnazione del rimanente 25 per cento con un premio di maggioranza del 15 per cento per il vincitore, e un diritto di tribuna pari al 10 per cento dei collegi per chi non supera lo sbarramento del 4%. Il rischio, anche qui, è che nessuno arrivi alla fatidica assegnazione del premio a causa dell’eccessiva frammentazione partitica, per cui l’ingovernabilità è da prendere molto in considerazione.
Doppio turno di collegio (sistema del sindaco d’Italia). La riforma che vorrebbe Renzi è un adattamento al sistema che consente ai sindaci di governare con una maggioranza del 60%. Nel caso di un sistema nazionale affine, si avrebbero tre diverse ipotesi: un sistema con liste corte bloccate, un sistema con preferenze, un sistema con collegi. In tutti e tre i casi la soglia di sbarramento è al 5 per cento, i vincitori avrebbero il 60 per cento dei seggi mentre il restante 40 per cento andrebbe diviso con metodo proporzionale tra i restanti partiti perdenti. Come detto da Sartori, questo sistema potrebbe funzionare (meglio) se a candidarsi fossero solo i partiti e non le coalizioni.
Certo, c’è sempre da considerare cosa farà il partito di Grillo alle prossime elezioni e soprattutto se la bagarre attorno all’incontro Renzi-Berlusconi si smorzerà già domani oppure continuerà ancora a lungo. Detto ciò, dalle 16 ne sapremo di più.
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