Gli ultimi ottimisti. Gli ultimi senza troppi rancori. Gli ultimi convinti di vivere tempi normali e di poter effettuare scelte normali. I tre milioni di domenica sono davvero la larga minoranza di un paese che sta mandando brutti segnali. Lo strato d’olio sotto il quale si avverte il ribollire magmatico che di tanto in tanto erompe: Forconi e spregevoli commenti sotto la foto della giornalista dell’Unità.
Ma attenzione. Il problema non è il post di Grillo, sono i commenti dei frequentatori del suo blog. Il problema non è mai Starace che grida dal balcone il saluto al Duce, il problema sono quelli sotto che urlano. Così come il problema non è il leader criminale che pontifica di legge elettorale ma quelli che, inamovibili, si dichiarano pronti a rivotarlo. E per questo il problema non è Renzi. Il problema sono i tre milioni che pensano – compreso il sottoscritto – di aver risolto il problema votandolo. Ripeto il mio mantra: se hai un dito nell’occhio, perché continui a guardare la luna?
In questi due giorni di post-primarie, più o meno testualmente ho scritto su Facebook che: “Il problema non è Grillo, ma chi commenta il suo post contro i giornalisti. Il problema non è il saluto al Duce di Storace, il problema è chi da sotto urla e sbraita per quel saluto. Il problema non è Renzi, ma chi, votandolo, compreso il sottoscritto, è convinto di aver risolto tutti i problemi“. Bene, sono contento di aver scatenato polemiche. Mica è detto che devo sempre aver ragione io. Non è mica l’omelia, la mia. E mi pare di essere andato abbastanza controcorrente, ultimamente. Dopo di ché devo averlo pensato male, era mattina, o era sera tardi, perché a me sembrava chiaro che il paragone con quelli sotto il balcone fosse con quelli che danno della cessa alla Oppo e che i democratici siano invece “gli ultimi ottimisti“.
Non sono nemmeno gli ultimi senza troppi rancori, tra l’altro. E nemmeno gli ultimi convinti di vivere tempi normali e di poter effettuare scelte normali. Ecco, io al sesto anno della crisi più dura degli ultimi ottant’anni non credo che siano tempi normali e penso che Renzi, per il momento, non abbia la minima idea di quale sia il problema. Ci ricordiamo ancora la nostra soddisfazione per l’elezione di quella nullità di Hollande, adesso vi invito a guardare le sue percentuali di consenso un anno dopo. Secondo me la sinistra europea sta più o meno a quando votò i crediti di guerra nel ’14 o a quando disse ‘né aderire né sabotare‘ nel ’15. I risultati li sappiamo. E non c’è nemmeno Lenin in esilio in Svizzera, oltretutto. Con chi ce la prenderemo stavolta?
E oggi? Come siamo messi oggi? L’unica vera notizia sui giornali di ieri era l’intervista all’ambasciatore tedesco Schafers. Si parlava della nuova idea tedesca, accordi contrattuali dell’Europa con i singoli Stati in cambio degli aiuti finanziari che secondo Schafers anche noi dovremmo sottoscrivere.
«Nella sostanza si tratta solo di applicare quel trasferimento di sovranità che è già implicito negli accordi accettati in passato – e cioè il Six Pack e il pareggio di bilancio in Costituzione – L’idea degli accordi contrattuali può essere un modo per fornire al premier un sostegno da parte europea, affinché venga compiuto questo secondo passo nelle riforme». Ma se tutto è già stato deciso, che bisogno c’è di un nuovo contratto, chiede con furbizia Fubini. Risposta: «Perché non tutto ciò che è stato deciso insieme viene sempre attuato e rispettato. È uno strumento per fare pressione su alcuni Paesi, soprattutto per fare progressi più rapidi. È un modo di accelerare le riforme».
Ora, siccome io cerco di stare ai fatti, e penso alla Grecia che ha appena varato tre miliardi di tagli per ottenerne uno di aiuti e non ce la sta facendo con la deflazione ormai arrivata al 3 per cento, aspetto che Renzi dirami una nota dicendo che, per il suo Pd, Schafers è più o meno come D’Alema, uno da rottamare. Poi, dopo, magari, mi occupo dei volonterosi giovanotti che si è portato a Roma.
Rispondi