Il consiglio di amministrazione di OpenAi, la società che ha creato ChatGpt e ha lanciato la nuova ondata di intelligenza artificiale, ha licenziato in tronco Sam Altman, il suo fondatore e amministratore delegato. Questo fatto richiede un approfondimento, non solo per le implicazioni personali del personaggio, ma anche per le possibili conseguenze storiche sull’evoluzione dell’intelligenza artificiale. E, forse, potrebbe essere anche una buona notizia.
Si può capire il dolore e la frustrazione di perdere il progetto a cui si è dedicato tanto tempo ed energie, e nel mio piccolo ho apprezzato la visione e l’entusiasmo di Altman. Ma la questione è di interesse un po’ più generale: il licenziamento di Sam Altman potrebbe segnare una svolta nell’evoluzione dell’intelligenza artificiale.
OpenAI a Mira Murati
Il consiglio ha deciso di estromettere l’ex Ceo dalla società che ha contribuito a creare e a portare ai vertici del panorama mondiale con un durissimo comunicato: «Sam Altman non è stato coerentemente sincero nelle sue comunicazioni e non ha più la fiducia nella sua capacità di continuare a guidare OpenAI». La decisione ha sorpreso lo stesso Altman. Al suo posto, ad interim, ci sarà Mira Murati, Chief Technology Officer dell’azienda.
«Mi è piaciuto molto il periodo trascorso in OpenAI. Per me è stato rivoluzionario e, si spera, anche per il mondo. Soprattutto, mi è piaciuto lavorare con persone così talentuose. Più tardi avrò altro da dire su quello che succederà», ha scritto su X mostrandosi sorpreso ed amareggiato. Poco dopo, ha postato una battuta dal retrogusto amaro: «Se comincio ad andare fuori di testa, il consiglio di amministrazione di OpenAI dovrebbe perseguirmi per l’intero valore delle mie azioni». Poche le risate, tanti dubbi.
Pure Greg Brockman, presidente e co-fondatore della società, ha deciso di andarsene anche se gli era stato chiesto di rimanere all’interno dell’azienda – ma non nel cda – perché “fondamentale”.
Microsoft e ChatGPT
Per capire a pieno la vicenda, bisogna considerare il contesto e le possibili conseguenze. OpenAI e tutta la Silicon Valley sono ancora sotto shock per l’annuncio. Microsoft, che ha investito 13 miliardi di dollari nella startup e ne possiede il 49%, non sapeva nulla della decisione. Questo non cambia il loro impegno verso il nuovo Ad, ma sicuramente non hanno apprezzato il calo dell’1,7% delle azioni a licenziamento avvenuto. Il Ceo Satya Nadella aveva elogiato il talento di Altman, che con l’aiuto di Elon Musk aveva trasformato una no profit in un’azienda leader del settore AI.
Il merito è anche di ChatGpt, uno degli strumenti più innovativi che abbiamo visto finora, capace di rivoluzionare il modo di comunicare. Ma con i vantaggi di una macchina che può sostituire molte azioni umane, ci sono anche dei pericoli. Altman lo sapeva bene e da mesi chiedeva una regolamentazione per un’AI Generativa sicura ed efficace. «Man mano che sarà integrata ovunque, tutti noi avremo superpoteri su richiesta», aveva detto all’Apec il giorno prima di essere licenziato.
Forse la sua richiesta di limiti alla tecnologia gli si è ritorta contro. Forse c’era un malcontento crescente nell’azienda, che ha minato la fiducia nei suoi confronti.
OpenAI triplica il valore
Fonti anonime al Washington Post raccontano che Altman ha sacrificato la missione originaria di OpenAI – nata per contrastare lo strapotere delle Big Tech e rendere l’AI un bene comune – per inseguire il profitto e le ambizioni personali. L’ex Ceo ha assunto personale dalle grandi aziende come Amazon Web Services, Apple e Meta, e ha stretto rapporti con diversi capi di Stato, diffondendo il suo marchio a livello globale.
Ora che Altman se n’è andato, OpenAI deve guardare al futuro, anche se non sarà facile. La società è vicina a siglare un accordo che la valuterà 80 miliardi di dollari, quasi il triplo di sei mesi fa. Si tratta di un risultato straordinario che conferma il successo del progetto di Altman di trasformare OpenAI in una delle aziende più importanti dell’East Coast americana, seconda solo a ByteDance e SpaceX nel mondo.
Altri progetti
Altman, dal canto suo, non si fermerà. Lo ha detto il suo amico Brockman nel messaggio di addio: «Non preoccupatevi, staremo bene. Presto vedrete cose più grandi». Altman, che non possiede quote di OpenAI, ha investito quest’anno in una dozzina di altre società, tra cui Helion, che si occupa di fusione nucleare, e Humane, che produce pin per l’AI. Chissà cosa farà ora, magari concorrenza alla sua ex creatura.
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