Questa settimana sono usciti due articoli che fanno riflettere sullo scenario davvero preoccupante che Trump, nel caso di una sconfitta, non accetti il risultato elettorale del 5 novembre. Non è solo un’ipotesi isolata, ma qualcosa che si collega a una situazione politica americana sempre più polarizzata.
In un clima già teso, con una divisione profonda tra i sostenitori di Trump e chi lo avversa, c’è la crescente preoccupazione che il paese possa trovarsi di fronte a una crisi istituzionale senza precedenti se l’ex presidente decidesse di non riconoscere il verdetto delle elezioni. Non sarebbe la prima volta che Trump mette in dubbio i risultati elettorali, ma la prospettiva che questo accada di nuovo, in un contesto ancora più esasperato, è allarmante: da una parte, il rischio concreto di un rifiuto delle regole democratiche; dall’altra, un paese diviso a metà, dove il concetto stesso di verità sembra sempre più sfumato.
Il primo articolo è su Politico e descrive il piano di Donald Trump e dei suoi alleati per sovvertire l’esito delle elezioni, indipendentemente dal risultato finale. Usando tattiche già sperimentate nel 2020, intendono seminare il caos nei conteggi elettorali e sfruttare ogni possibile via legale per mettere in discussione la legittimità del voto.
Il secondo è un editoriale di Matt Bai sul Washington Post, e dipinge un quadro più ampio in cui il rischio non è solo politico ma anche sociale e culturale. Il columnist ipotizza che gli Stati Uniti stiano attraversando una frammentazione culturale sempre più profonda tra aree urbane e rurali, accentuata da differenze ideologiche e di governance.
Lo scenario molto reale in cui Trump perde e prende il potere in ogni caso
Un long form di Politico delinea un preoccupante scenario per le elezioni presidenziali del 2024. In particolare, esamina come Donald Trump e i suoi alleati stiano già pianificando strategie per sovvertire le elezioni presidenziali del 2024, anche se dovesse perdere. La loro tattica coinvolge una serie di azioni legali e legislative, sfruttando stati chiave come la Georgia, con l’obiettivo di creare caos elettorale e minare la legittimità del processo democratico. I repubblicani stanno cercando di sfruttare la narrativa della frode elettorale del 2020 per giustificare azioni aggressive nei confronti del sistema elettorale, soprattutto per quanto riguarda la raccolta e il conteggio dei voti per posta.
Trump sta anche facendo leva sui suoi sostenitori all’interno dei parlamenti statali per mettere in discussione i risultati, approfittando di ambiguità legali e manovre politiche per modificare l’assegnazione degli elettori. Il tentativo è quello di replicare o espandere il caos legale e politico visto nel 2020, con una maggiore organizzazione e nuovi approcci.
Tuttavia, l’articolo sottolinea anche che il successo di questa strategia dipenderà dalla coesione interna del Partito Repubblicano e dalla disponibilità di tribunali e legislatori a sostenere tali azioni. Seppur altamente improbabile, un tale scenario avrebbe conseguenze disastrose per la democrazia americana.
La nostra “Guerra Civile Fredda”
L’articolo del Washington Post, a firma di Matt Bai, riflette sulla possibilità di una “Guerra Civile Fredda” in corso negli Stati Uniti, una lotta culturale tra progressisti e conservatori che si manifesta nella resistenza locale alle leggi federali e nel crescente divario tra città liberali e aree rurali conservatrici. L’autore esplora principalmente la frattura crescente tra i due schieramenti, soprattutto in relazione alla gestione della pandemia e all’accesso all’aborto, sottolineando come Trump potrebbe trasformare questa divisione in un conflitto più concreto, rischiando disordini maggiori che possono scaturire senza troppe difficoltà in violenza. Secondo Bai, inoltre, la “secessione culturale” è già in atto: i progressisti resistono al conservatorismo in alcuni stati, mentre i conservatori sfidano l’autorità federale nelle aree rurali.
Tuttavia, il rischio principale secondo l’autore è che Donald Trump, attraverso il suo continuo rifiuto di accettare una sconfitta elettorale e le sue dichiarazioni incendiarie, potrebbe trasformare questa guerra fredda culturale in un conflitto violento e più concreto. Lo scenario delineato non è tanto una guerra civile tradizionale, ma un’estensione della polarizzazione politica verso un livello più estremo di divisione nazionale, dove le forze dell’ordine potrebbero dover intervenire per mantenere l’ordine in un contesto di profondo scontento sociale.
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