Stamane volevo scrivere due righe sull’estenuante lotta alla lottizzazione di RaiTre e di come il Pd – nelle persone di Bersani e Franceschini – sta facendo di tutto per spostare le nomine, con tutti i disguidi per i giornalisti che ne conseguono, fin dopo il 25 ottobre, dopo il Congresso. Lo stavo facendo, appunto, ma ho letto un pezzo di Francesco che ne sintetizza i limiti di questa procedura e ne spiega le conseguenze:

Parlando di Pd e Rai, la cosa più banale da notare sarebbe che mentre sia Bersani che Franceschini sostengono a gran voce di voler mettere fine alla pratica della lottizzazione, le nomine di Raitre e del Tg3 sono bloccate (da loro) in attesa del congresso, così che chi vinca possa scegliere i suoi uomini e trattare da una posizione di forza. Ancora più banale è osservare come il comportamento di Bersani e Franceschini, che ultimamente sembrano avere molto a cuore la libertà di stampa e i condizionamenti dell’informazione, stia condizionando il lavoro dei giornalisti del Tg3 e quello dei quadri della rete: appesi al risultato di una competizione partitica che dovrebbero limitarsi a raccontare con obiettività e serenità.

C’è un’altra cosa, però. Sembra che il direttore generale della Rai, Mauro Masi, stia pensando di fare queste benedette nomine di Raitre senza aspettare ancora, dato che la legge non lo obbliga affatto a recepire i suggerimenti dell’opposizione. Sembra inoltre che Masi possa fare delle nomine difficili da rigettare tout court o bollare come inadeguate o vendute al padrone: Enrico Mentana al Tg3 e Giovanni Minoli a Raitre. Con tutti i loro difetti, due nomi di esperienza, autonomia e caratura due o tre volte superiori a quelli delle mezze figure attorno alle quali si sta accapigliando il Pd. Se Masi dovesse forzare la mano e fare le nomine, potete scommettere che il volume delle accuse aumenterebbe a dismisura – «Non abbiamo nulla contro i nomi, bensì contro il metodo!», non li vedete già? – col paradosso di rivendicare a gran voce il mancato utilizzo di un privilegio odioso del quale si dice di voler fare a meno, per promuovere giornalisti e dirigenti meno bravi ma magari più disciplinati. Un autogol nell’autogol. Insomma, rischiamo di assistere a un altro mirabolante caso Villari: non dite che non eravate stati avvisati.

Di tutta la vicenda, l’unico in disparte e con coerenza non parla delle nomine di Raitre, è il Senatore Marino: unico a mettere per iscritto sulla sua mozione di allontanarsi dalla lottizzazione Rai e l’unico, coerentemente, che non si mette in mezzo a beghe di partito e sulla ormai classica oligarchia del potere mediatico e, difatti, politico.

Le parole seguite dai fatti portano a fiducia e sostanza. Bersani e Franceschini non sentono da questo orecchio, mentre Marino ancora una volta si dimostra il più coerente dei tre. Sarà un caso, ma certi gesti servono a capire con che tipo di politica abbiamo a che fare tutti i giorni. Finora.