L’assenza di giustizia per le vittime di violenza sessuale in Italia è scioccante. Un giudice ha deciso che una molestia non costituisce reato solo perché è durata pochi secondi. Ancora più preoccupante è il fatto che un tribunale di Firenze abbia assolto un paio di ragazzi accusati di violenza sessuale ai danni di una giovane 18enne attribuendo il loro comportamento a una concezione distorta delle relazioni con le donne, basata su una visione inaccettabile e pornografica. A Palermo si è verificato uno stupro di gruppo, mentre a Caivano due cuginette di 13 anni sono state violentate da un altro branco.
Le delusioni del femminismo
Mi tornano in mente le parole della giornalista Susan Faludi nel suo libro “Backlash: The Undeclared War Against American Women” del 1991. Faludi mette in evidenza l’esistenza di un reale contraccolpo contro i progressi femministi degli anni ’70 negli Stati Uniti. Secondo lei, questa reazione antifemminista è stata scatenata non tanto dall’ottenimento dell’uguaglianza delle donne, ma dal timore che le donne potessero effettivamente raggiungerla.
Eravamo di fronte a una sorta di sciopero preventivo che cercava di fermare il progresso prima ancora che venisse raggiunto. In un’intervista del 2017, Faludi ha espresso la sua delusione per il fatto che, nonostante siano trascorsi molti anni, la situazione non solo non è migliorata, ma sembra essersi anche aggravata.
Non tutto è perduto
Si possono comunque intravedere alcune reazioni positive rispetto agli ultimi eventi di cronaca. Le vedo nell’attivismo di coloro che si impegnano per diffondere consapevolezza sulle tematiche femministe e le vedo nei commenti di molti utenti sui social media. Le vedo anche quando vengono creati spazi sicuri online e offline per cercare risposte a questi problemi.
Non tutti gli uomini sono così
È però evidente la presenza di questo contraccolpo quando si insiste nel precisare che «non tutti gli uomini sono così», disattendendo così il vero problema delle violenze subite dalle donne. Invece di affrontare il tema, si tende a descrivere gli stupri di gruppo come l’azione di animali in cerca di prede, come se ciò avesse a che fare con l’istinto invece che con la responsabilità individuale.
Questo tipo di narrazione rende gli uomini che commettono violenze quasi “influenzati” da qualcosa che va oltre la loro razionalità. Ma bisogna chiarire che lo stupro non è una questione di libido, ma piuttosto di potere. Si tratta di esercitare il controllo sulla donna, considerandola un oggetto di cui approfittare. La violenza risiede proprio nell’esercizio cosciente di quel potere e di quel controllo.
Questo concetto è sottolineato anche dalla Convenzione di Istanbul, che riconosce la violenza sulle donne come una manifestazione delle disuguaglianze di potere storiche tra i sessi.
Sesso e potere
Nel libro di Kate Harding, “Asking for It”, l’autrice mette in luce l’importanza di definire cosa costituisca effettivamente uno stupro. Lo stupro è «la violazione dell’autonomia di un’altra persona, l’uso del corpo di una persona contro la sua volontà». È un crimine indipendente dall’abbigliamento della vittima, dal suo stato di ebrezza o dalla sua vita personale. Quello che conta è che l’aggressore abbia intenzionalmente ignorato il diritto fondamentale della vittima di decidere cosa fare con il proprio corpo. Lo stupro è, infatti, una questione di potere e non di sesso.
Squilibri di potere
Un altro punto su cui l’autrice insiste è che alle donne è sempre stato raccomandato di fare attenzione, come se fosse ragionevole dire loro di non bere, di non camminare da sole di notte, di non viaggiare sole o di non fare jogging con gli auricolari.
No, non possiamo continuare a chiedere alle donne di proteggersi senza affrontare i profondi squilibri di potere tra i generi che persistono nella nostra società.
La castrazione chimica non è la risposta
Non credo che la risposta sia la castrazione chimica proposta dalla Lega, perché lo stupro non è una questione di libido, ma di potere. Spero non si arrivi mai al punto in cui dei ragazzi accusati di violenze sessuali vengano assolti perché hanno frainteso il consenso. Dobbiamo adottare un approccio collettivo per diffondere l’educazione sessuale e affettiva, che coinvolga tutte le reti di informazione, le famiglie e le scuole. Questo rappresenterebbe un primo passo significativo verso il cambiamento che tanto desideriamo.
Affrontare il problema
Invece è fondamentale affrontare costantemente il tema della violenza sulle donne, anziché concentrarsi solo sui casi di stupro che catturano l’attenzione mediatica e poi venir dimenticati quando un’altra notizia prende il sopravvento. La violenza sulle donne non è solo un hashtag da usare temporaneamente sui social, ma purtroppo persiste anche dopo che l’argomento scompare dalla ribalta.
È essenziale affrontare il tema nel modo corretto, permettendo alle vittime di ritrovare il controllo su se stesse.
Stupro da audience
L’immagine dello stupro di gruppo a Palermo è stata diffusa ovunque, ma era davvero necessario condividere tali dettagli per comprendere l’accaduto? Non credo. Inoltre, sono state pubblicate foto di gruppi Telegram con i link ben visibili, senza nemmeno chiedere il consenso della vittima per il loro nome in vista. Questo è considerato una grave violazione della deontologia professionale dall’Esecutivo del Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti.
Su TikTok, invece, si è assistito a una specie di trend riguardante gli stupri di gruppo. Molte persone cercavano il video dell’aggressione, mentre altre pubblicavano frasi sensazionalistiche o video con canzoni che facevano ricorso all’emozione, o monologhi di giovani che si fingevano vittime. Questo non è accettabile, né ora né mai.
Le colpe dei social
La colpa non ricade unicamente sui social. Al contrario, questi possono essere strumenti utili per diffondere la consapevolezza. Il problema risiede invece nel modo in cui ci si avvicina alla realtà. Non stiamo parlando di un semplice trend da seguire, ma di una realtà dolorosa che richiede la nostra attenzione.
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