Un pacchetto di misure, poco risolutive ma capaci nel loro insieme, per ridurre il numero di carcerati di tremila unità. Un contributo sostanzialmente piccolo che risolverà solo il 10 per cento dell’eccedenza di detenuti rispetto alle reali capacità di accoglienza delle carceri italiane, e che condizionerà di poco le disumane condizioni in cui versano i nostri penitenziari. Sono queste, fondamentalmente, le risposte che il ministro della Giustizia Anna Maria Cancellieri ha dato per umanizzare il sistema carcerario italiano.

Tra i vari interventi, l’aumento dello sconto di pena per buona condotta che passa da 45 a 75 giorni per ogni sei mesi di detenzione, anche se sarà comunque il giudice a stabilirlo; lo stesso giudice dovrà inoltre motivare la rinuncia all’utilizzo del braccialetto elettronico – uso che in Italia è rimasto praticamente inapplicato – ma vi si potrà far ricorso anche per chi viene affidato ai servizi sociali o al lavoro esterno.

L’affidamento in prova, come chiesto da Berlusconi, sale a quattro anni dai tre precedenti, mentre l’affidamento terapeutico per i detenuti tossicodipendenti sarà più facile anche se recidivi. Rimangono invece di difficile applicazione le misure di espulsione per i detenuti stranieri. Il decreto, infine, introduce la figura del garante nazionale dei detenuti, figura che dovrà essere indipendente dalla politica.

Per quanto riguarda indulto e amnistia, la ministra attende di essere ascoltata in Senato in settimana. Anche se spetta al Parlamento decidere come far funzionare la norma, la Cancellieri non è contraria né all’indulto né all’amnistia.