Ci sono aspetti delle elezioni che spiccano subito e altri che colpiscono nei dettagli. Kamala Harris ha vinto a New York, ma con il margine più ristretto per i Democratici negli ultimi quarant’anni. Quartieri che erano simboli della sinistra americana come il Bronx, il Queens e Brooklyn si sono spostati nettamente a destra, e Trump ha conquistato Miami, in Florida, un tempo roccaforte democratica, recuperando ben 12 punti rispetto alla scorsa elezione.
La situazione non si è fermata qui: New York aveva sei referendum sulla scheda, tutti approvati tranne uno. E in California, un referendum che reintroduceva pene per i piccoli furti è passato con il 70% dei voti. A San Francisco la sindaca democratica uscente ha perso, anche a Oakland il sindaco in carica è stato sconfitto. Nel Minnesota, invece, dove il candidato vicepresidente Tim Walz è governatore, il partito ha perso centomila voti rispetto al 2020.
Capire il voto
È ancora presto per capire a fondo questi risultati e interpretare le ragioni dietro certe oscillazioni, ma un dato è certo: i Democratici hanno perso terreno, soprattutto nelle aree urbane e negli stati blu, i loro storici bastioni, visti come luoghi dominati da una politica accademica e intransigente. È una tendenza che potrebbe anche spiegare perché molti americani preferiscono trasferirsi verso stati tendenzialmente repubblicani come Texas e Florida.
Trump, nel frattempo, ha vinto con 312 grandi elettori a 226 e ha portato a casa tutti e sette gli stati in bilico: un colpo netto. Il voto popolare, ancora in attesa dei numeri definitivi in California e Arizona, ha comunque segnato la vittoria di Trump su Harris con oltre il 50% dei consensi, mentre nel 2016 si era fermato al 46%. In altre parole, il mandato politico di Trump è oggi molto più forte di otto anni fa.
Trump ha la maggioranza del Congresso
Il voto per il Senato nelle elezioni è decisivo, soprattutto per l’approvazione delle nomine cruciali in ambito governativo, diplomatico e giudiziario. In questo ciclo elettorale i Repubblicani hanno approfittato di un gerrymandering favorevole, dato che si rinnova solo un terzo dei seggi alla volta, e hanno così ripreso la maggioranza con 52 seggi, destinati a crescere a 53. Questo offre a Trump un margine di manovra praticamente illimitato per le nomine, inclusa quella per la Corte Suprema che potrebbe presto perdere la giudice progressista Sonia Sotomayor a causa delle sue precarie condizioni di salute.
Alla Camera, invece, si rinnovano tutti i 435 seggi e, sebbene lo scrutinio sia ancora in corso in vari distretti, i Repubblicani, contro le previsioni, sembrano mantenere la loro maggioranza. I Democratici sperano di guadagnare qualche voto e qualche seggio, specialmente in California dove le schede pervenute per posta sono considerate valide fino a una settimana dopo il giorno delle elezioni.
Non è tutto rosso
Ma se la mappa dei seggi è rivelatrice, la sabbia del Washington Post racconta una storia più profonda e in quale luogo ogni granello rappresenta un voto per Trump o per Harris. Nella prima rappresentazione – la sabbia blu è nelle zone che sono andati ai democratici, quella rossa ai repubblicani – si vede chiaramente che la sabbia rossa copre ampie zone del paese, da nord a sud, da est a ovest, città e aree rurali insieme. È una reazione che sembra un rigetto uniforme della proposta democratica, ben più di una semplice risposta alla campagna elettorale.
Esaminando questa mappa si notano però delle eccezioni: in alcuni stati in bilico, come Nevada, Georgia, North Carolina e Wisconsin, Trump ha vinto in modo decisivo ma non tutto lo stato ha il rosso dominante. In Georgia, ad esempio, Kamala Harris ha registrato alcune delle sue migliori performance elettorali nelle contee al di fuori di Atlanta. Ma Trump ha guadagnato altrove, vincendo con un margine più ampio di Joe Biden nel 2020. Gli swing states sono i luoghi in cui la campagna elettorale dei candidati si è concentrata maggiormente, con risorse e strategie dedicate, dove gli elettori sono stati bombardati da spot, contattati dai volontari, invitati a comizi e stimolati a partecipare.
Pennsylvania
Diamo un’occhiata più da vicino alla Pennsylvania, lo stato che ha messo Trump sulla buona strada per vincere la presidenza: i granelli rossi occupano più spazio ma non hanno grosse altezze. Qui Kamala Harris ha ottenuto risultati in linea col resto degli stati in bilico, perché – anche qui – il messaggio dei Democratici è stato modulato per rispondere alle preoccupazioni locali come prezzi, immigrazione irregolare, sicurezza e diritto all’aborto. Al contrario, nel resto del paese, dove non si è fatta campagna attiva, il messaggio del partito è rimasto più influenzato dalle sue battaglie ideologiche, talvolta meno vicine agli elettori.
Anche in questo caso, i margini in uno stato chiave come la Pennsylvania non sono stati poi così diversi nelle ultime tre elezioni. Le elezioni negli Stati Uniti sono, per la maggior parte, decise da poche migliaia di persone (o da una manciata di sabbia). Le elezioni del 2024 non hanno fatto eccezione. Cliccate sull’immagine per ingrandirla.
Come ha vinto Trump, come ha perso Harris
Nei dati vediamo infatti che Harris ha perso solo di poco in stati come Wisconsin, Michigan, Georgia e Pennsylvania, con differenze minime; mentre in Arizona la sconfitta è stata più marcata, di sei punti. Trump ha vinto in larga parte dove Harris non è riuscita a portare avanti una campagna mirata, dove il messaggio dei Democratici era influenzato dall’immagine generale del partito. Risultato finale: a livello nazionale Trump ha battuto Harris con il 50,5% contro il 48%.
Il dato suggerisce che Harris abbia condotto una buona campagna senza grandi errori, e con la libertà temporanea di sostenere posizioni insolite per il suo partito come il possesso di armi o politiche più severe sull’immigrazione. Questa libertà l’ha aiutata a guadagnare consensi, in parte compensando l’ostilità crescente verso l’agenda democratica percepita da molti elettori come distante dalle priorità quotidiane. Tuttavia, ciò non è bastato.
Gli errori, naturalmente, ci saranno stati, ma sono parte del gioco e il risultato di un’elezione mostra solo chi ha vinto e chi ha perso.
Come sono andati i sondaggi
Infine, i sondaggi: Trump era dato in vantaggio in cinque dei sette stati in bilico, e li ha conquistati tutti. Anche gli altri due, dove Harris aveva un vantaggio minimo. Anche quest’anno Trump è stato sottostimato, ma stavolta a livello nazionale anche se in misura inferiore rispetto al passato.
Come hanno votato gli americani
Una delle domande cruciali per le elezioni del 2024 era capire se Trump sarebbe riuscito ad ampliare la sua base di sostenitori. La risposta è: sì, Trump ha raggiunto un numero maggiore di elettori ispanici, giovani e non laureati, pur mantenendo un ampio sostegno tra i bianchi che continuano a rappresentare oltre l’80% dei suoi elettori.
Voto per etnia
Analizzando i dati degli exit poll dal 2000, emerge come le elezioni del 2024 abbiano segnato alcune delle variazioni più marcate tra i diversi gruppi elettorali. Tra i cambiamenti più evidenti c’è quello degli uomini ispanici, che hanno votato Trump con un margine di 12 punti percentuali, una svolta netta rispetto al passato quando preferivano i democratici con oltre 20 punti di scarto. Anche se la maggior parte delle donne ispaniche ha scelto Kamala Harris, il vantaggio democratico si è ridotto a 22 punti dai 39 del 2020. Il sostegno del 46% a Trump tra gli elettori ispanici, se confermato definitivamente a livello nazionale, sarebbe il livello più alto mai raggiunto da un candidato repubblicano dagli anni ’80.
In altri gruppi i cambiamenti sono stati meno evidenti: uomini e donne afroamericani hanno votato per Harris in percentuali simili a quelle viste per Biden nel 2020, anche se con margini inferiori rispetto ai voti raccolti da Obama nel 2008 e nel 2012. Allo stesso tempo, i voti di uomini e donne bianchi per Trump sono rimasti in linea con i risultati del 2020.
Voto per genere
Anche la differenza di genere è stato un punto interessante in queste elezioni. Storicamente, la maggioranza degli uomini ha sempre sostenuto i repubblicani; quest’anno Trump ha ottenuto il loro appoggio con un margine di 13 punti su Harris, in aumento rispetto agli otto punti del 2020. Le donne, che tendono a preferire i democratici, hanno comunque sostenuto la vicepresidente, ma il vantaggio si è ridotto: solo sette punti di margine per Harris rispetto ai 15 di Biden nel 2020, che era stato un record per i democratici. Alla fine, la differenza nel sostegno a Trump tra uomini e donne sembra rimanere simile a quella del 2020 e del 2016, a conferma di un’America ancora fortemente divisa ma con un elettorato formalmente uguale o simile alle ultime due elezioni.
Voto per età e istruzione
Harris ha mantenuto gli elettori sotto i 30 anni, ma in modo meno netto rispetto ai democratici del passato. Questo gruppo ha infatti spostato di 13 punti il sostegno a Trump rispetto al 2020, segnando il peggior risultato per un democratico dai tempi di John Kerry. Anche gli elettori tra i 45 e i 64 anni hanno virato verso Trump, dandogli 10 punti in più dopo un pareggio con Biden quattro anni prima.
Gli elettori anziani, al contrario, hanno sorpreso le aspettative appoggiando Harris tanto quanto Trump, un’inversione per una fascia storicamente favorevole ai repubblicani. Tra coloro senza laurea, Trump ha dominato con un margine record di 14 punti, un successo che nessun altro repubblicano aveva raggiunto dal 1984. Harris, in linea con Biden, ha trovato invece appoggio tra i laureati con un margine di 13 punti.
Gli indipendenti e i Catholic for Trump
Per quanto riguarda la religione, i cattolici sono scivolati nettamente verso Trump, dopo aver preferito Biden di cinque punti nel 2020 (ma Biden è cattolico). Trump ha raccolto tra di loro 18 punti in più su Harris, un primato dal 1972. Il suo consenso tra i cristiani evangelici bianchi è stato imponente: lo hanno preferito l’82%, mentre i protestanti non evangelici e i protestanti neri hanno sostenuto Harris. Infine, chi non si riconosce in alcuna religione ha votato in massa per Harris, aumentando il margine di vantaggio su Trump di oltre 10 punti rispetto a quattro anni prima.
Gli indipendenti, spesso ago della bilancia in ogni elezione, si sono spostati verso Trump: quest’anno Harris ha vinto nel loro segmento di soli tre punti, ben lontana dal vantaggio di 13 punti che Biden aveva registrato nel 2020. Con il 34% degli elettori identificati come indipendenti – la quota più alta dal 1972 – questo cambiamento pesa molto. Gli indipendenti hanno sorpassato il gruppo di elettori democratici (31%) e si trovano subito dietro ai repubblicani (35%), che per la prima volta dominano le percentuali.
Metodologia: Gli exit poll del 2024, condotti da Edison Research per il consorzio National Election Pool (ABC, CBS, CNN, NBC), hanno coinvolto 22.914 elettori, intervistati in varie modalità (dal vivo, SMS, e-mail) e sono soggetti a cambiamenti man mano che nuove interviste vengono incluse e i dati ponderati sui voti totali per regione. Come tutti i sondaggi, anche questi exit poll hanno margini di errore.
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