Il 2010 è l’anno delle elezioni in molte regioni, e il Partito Democratico in queste regioni finora guarda e aspetta. Se in Piemonte la governatrice uscente Mercedes Bresso ha superato il veto dell’Udc, e in Veneto Laura Puppato probabilmente sarà il nome che uscirà dall’urna del Pd, lo stesso non si può dire nelle tre regioni calde del centro-sud italiano. Infatti ad oggi non si sanno i nomi dei candidati presidenti regionali in Campania, Puglia e Lazio.
Soprattutto in Puglia, la battaglia tra i latifondisti della sinistra regionale è su chi sarà il nome da buttare nella mischia elettiva del marzo prossimo: da un lato c’è il forte Nichi Vendola – governatore uscente e leader di Sinistra Ecologia e Libertà – fortemente osteggiato dal partito di Angiolo Sanza e dall’Idv pugliese; dall’altro c’è Michele Emiliano, guerriero strettamente voluto da D’Alema, e benvoluto sindaco di Bari. L’ostracismo dell’Udc prima, e dell’Italia dei Valori dopo, hanno portato ad un triste strappo nella sinistra locale, tanto che il nome di Vendola non viene più associato al candidato unitario del centrosinistra, bensì a candidato di SEL e di un drappello di democratici in seno alla giunta regionale. Sono ormai settimane che si parla dei candidati in Puglia, e – tra lanci d’agenzia e interviste varie – ormai non si capisce più che pesci pigliare nel mare magnum del tacco italico.
Bersani invece che occuparsi in prima persona degli affari regionali, ha deciso di sparpagliare i suoi collaboratori in giro per l’Italia. In Puglia l’inviato è – come detto – Massimo D’Alema, il quale come prima mossa ha chiesto a Emiliano di candidarsi in Regione sfidando il governatore uscente. Dal canto suo il sindaco di Bari aveva chiesto qualche giorno fa l’unanimità dell’assemblea pugliese onde evitare rigurgiti di malintesi in campagna elettorale. I discorsi di Emiliano di questi giorni sono stati però alquanto contraddittori: un paio di giorni fa dava del kamikaze a Vendola dicendo che il Pd non si può consegnare nelle sue mani (“Io ho deciso di prendermi le mie responsabilità proprio per fermare i kamikaze. Sia chiaro: il Pd pugliese non può consegnare il proprio futuro politico nelle mani di Vendola“) mentre il giorno dopo, ad assemblea annullata e quindi senza unanimità, diceva apertamente : “proporrò all’assemblea di indicare un altro candidato ed in particolare Vendola“. Il pragmatismo, come dice Marco, potrebbe essere che le Primarie non si facciano nelle modalità normali, ma solo se si associa un candidato ad una coalizione. Ovvero, gli elettori che andranno alle urne sapranno già che scegliendo un candidato avranno anche scelto la coalizione. Per cui o si sceglie Vendola o si sceglie Emiliano, ma la coalizione sarebbe diversa perché diversa la concezione di governo. È dura, ma sarebbe l’unica alternativa usando le Primarie come scudo.
Il tarlo laziale è legato al doppio filo Marrazzo-Polverini. Mentre il centrodestra ha già indicato il suo candidato nel segretario dell’Ugl Renata Polverini, il centrosinistra – e il Pd nella fattispecie – non ha ancora sciolto le riserve se candidare il vice di Marrazzo, Esterino Montino, oppure scegliere in una rosa più ampia di perfetti sconosciuti ma sicuramente meno appariscenti dopo le note vicende legate all’ex Presidente della regione. Certo è che la candidatura della Polverini ha buttato nello scompiglio tutto il centrosinistra, tanto che si vociferava (soprattutto su Facebook) su una possibile candidatura della radicale Emma Bonino, voci poi rientrate e dichiarate come bufala, ma riportando nello sconforto chi credeva nella sfida tutta al femminile nella regione più travagliata d’Italia.
Tra le tante proposte fatte alla vigilia, la più accreditata era quella sul nome di Nicola Zingaretti, presidente della provincia di Roma e punta di diamante del Pd romano, il quale per potersi candidare dovrebbe dimettersi dal suo incarico. Ipotesi tramontata anch’essa perché Zingaretti avrebbe posto alcune condizioni, la prima delle quali era l’Udc in coalizione, ma che l’assemblea laziale ha immediatamente posto il veto chiedendo l’accettazione senza remore. Abbattute le due candidature più interessanti, al Pd non rimane che la carta Montino con tutto lo strascico di risentimento, nel nome della continuità, che si porterà dietro facendogli pesare l’annosa vicenda dell’ex governatore laziale. L’ennesima nota dolente è che a quanto sembra anche in Lazio sfuma l’ipotesi di Primarie.
Se la Puglia è diventato da poco il nodo più importante da risolvere nel breve periodo, la Campania è invece il nodo perenne del Partito Democratico nazionale e campano. In Campania è stato eletto segretario il trentacinquenne bersaniano Enzo Amendola, il quale appena ricevuto l’incarico si è subito messo in moto per riportare la regione in un binario nuovo e moderno: la prima cosa che ha chiesto ai suoi collaboratori è stata quella di dare un volto nuovo al Pd campano, e nel frattempo un politico diverso da candidare alle regionali di marzo. Il potere politico in Campania è detenuto ormai da anni dall’attuale presidente Antonio Bassolino, il quale, non potendosi ricandidare per via del doppio mandato, sta lavorando per portare uno del suo entourage alla presidenza. Il nome che Bassolino vorrebbe al centro direzionale è Ennio Cascetta, attuale assessore regionale ai trasporti e docente universitario presso l’Università degli studi di Napoli Federico II. Ma per ogni azione corrisponde una reazione. La reazione in questione è Vincenzo De Luca, sindaco di Salerno e nemico storico di Bassolino. Peccato però che sul capo di De Luca pendono una serie di rinvii a giudizio che vanno dalla truffa aggravata al falso, quindi non lo pongono come il migliore dei candidati in una regione che vorrebbe fare della discontinuità la sua affidabilità. Del resto – ammesso e non concesso che De Luca fosse il candidato – Idv e Udc avrebbero comunque messo il veto, per cui anche in Campania si pone lo stesso problema delle regioni menzionate sopra. Chi sarà il candidato nei palazzi napoletani? Casini aveva scelto l’ex presidente di Confidustria Antonio D’Amato, senza sapere se lo stesso industriale avrebbe accettato l’incarico. Rimane una sola certezza: in Campania sono state fissate per il 24 gennaio le Primarie, presentando però i candidati entro e non oltre il 9 gennaio. Tra meno di due settimane.
Salta all’occhio come le scelte per i candidati regionali devono necessariamente passare dall’Udc o dall’Idv – due partiti che insieme non raggiunsero il 20 per cento alle politiche dello scorso anno – mentre il Partito Democratico, con il 30 e passa per cento dei consensi, ha potere decisionale quasi pari a zero. Prospettive poche, certezze nulle, decisioni zero: è l’aria che tira in Sant’Andrea delle Fratte in questo momento. Speriamo che una tempesta se la porti via al più presto.
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