QUESTO ARTICOLO HA PIÙ DI 11 ANNI.    

Leggo con insistenza nei commenti ai giornali che se il cattolico ed ex democristiano Enrico Letta è a capo del governo, alla guida del Pd ci deve andare un ex comunista e per di più laico. Tipo un’idiosincrasia degli uni verso gli altri, un’antipatia congenita dei diessini e dei margheritini (si può dire, vero?) e delle loro antropologiche avversità prima di unirsi nel sacro vincolo del matrimonio. La faccio semplice: è una sciocchezza di proporzioni galattiche.

Della nascita del Pd – la fusione a freddo, l’unione di due anime, il pleonastico bla bla bla… – sappiamo praticamente tutto e ripeterlo sarebbe tanto inutile quanto insopportabile. Io penso che un partito sia quanto di più diverso da un governo perché l’uno pensa ai suoi sostenitori e militanti, l’altro a tutti gli italiani senza fare distinzioni. Per questo non trovo indispensabile un presidente del Consiglio che sia anche il segretario del partito che ha vinto le elezioni, e a maggior ragione credo che alla guida del Pd non farà nessuna differenza se verrà eletto qualcuno con gli identici ideali o con gli ideali completamente diversi di Enrico Letta. Il Partito Democratico è un partito di sinistra – moderato, certo, non per nulla raggruppa la maggior parte dei centristi di sinistra – e il fatto di essere di sinistra è un punto d’orgoglio. È triste discutere per ore, o addirittura giorni, se sia meglio un segretario ex Ds o uno ex Margherita; è triste pensare che dopo cinque anni all’interno del Pd si discuta ancora di passato e mai di futuro. È triste che nel Pd ci siano attualmente 33 correnti diverse che fanno capo a 33 diversi capibastone che si contendono un pezzettino di elettorato che molto spesso è il vicino di casa degli zii paterni o chi lo aveva votato alle comunali del ’78. È triste, molto triste.

È difficile pensare che l’elezione del segretario possa avvenire solo con una conta degli iscritti e dei loro capicorrente; è difficile pensare di buttare al macero cinque anni di Pd annullando le primarie, quelle stesse primarie che a novembre ci hanno riempito di orgoglio quando a battersi per la candidatura a premier erano due leader e non solo due politici. Ora quelle primarie vogliono eliminarle, vogliono farci dimenticare i momenti migliori di noi Democratici perché il Pd è in rotta con la base e con gli elettori e sta franando attorno alla resa dei conti degli ex Ds ed ex Margherita. Vogliono farci credere che è meglio così. Vogliono farci credere che per risanare l’insanabile occorra chiudersi a riccio e risolvere i problemi dall’interno senza portar fuori nulla. Vogliono farci credere che è colpa delle primarie che 101 parlamentari hanno tradito il patto con gli elettori non votando Prodi, come se fosse scontato che i 101 siano tutti giovani eletti con le primarie parlamentari a Capodanno. Vogliono farci credere che la vittoria di Prodi nel 2006 non sia figlia dell’apertura con le primarie ma esattamente uguale a dieci anni prima. Ci vogliono far credere che se la dirigenza sceglieva un nome diverso da quello di Veltroni alle primarie del 2007, le elezioni dell’anno dopo le avremmo vinte noi e non Berlusconi. Vogliono farci credere che i sindaci – non Pd ma sempre di sinistra – di Milano, Napoli e Genova siano per l’effetto primarie (perse dal Pd) e lo raffrontano con la vittoria di Debora Serracchiani in Friuli poche settimane fa ottenuta senza primarie. Vogliono convincerci che sono le primarie il problema, non le persone, non i candidati impresentabili. E soprattutto vogliono farci credere che se primarie dovranno essere, che lo siano solo per gli iscritti perché solo gli iscritti hanno il diritto di esprimere il proprio segretario.

Credo invece che sia esattamente il contrario. Sono le primarie il nostro punto di forza; sono le primarie che ci risollevano quando stiamo per cadere; sono le primarie che ci permettono di riunirci con la base. Il Partito Democratico è nato con le primarie e con le primarie deve continuare a vivere. Le primarie non sono solo un articolo dello statuto, sono il nostro stesso vivere, ed è giusto, è indispensabile, che siano le primarie aperte a decidere chi sarà il nostro prossimo segretario. Saranno le primarie a liberarci dei dinosauri che ci hanno diretto in questi anni, ed è per questo che vogliono eliminarle o renderle inservibili: hanno una paura fottuta che riusciamo ad andare oltre i Ds e la Margherita. Hanno paura che nasca finalmente il Pd.

Cari delegati, domani deciderete se rimanere ancorati al passato o fare il primo passo verso un futuro tutto nuovo. Se ci tenete al Pd, se davvero ci tenete al nostro partito, domani, in assemblea, scegliete di far ripartire gli orologi. Scegliete le primarie aperte senza pensare alle correnti ma solo al futuro del Partito Democratico. Contiamo su di voi, basta delusioni.