Oggi gli americani si recano ai seggi per esprimere il loro voto a Donald Trump o Kamala Harris. Capire come funziona il voto statunitense, e come si differisce dal nostro, è fondamentale per seguire la nottata elettorale in attesa del nuovo presidente degli Stati Uniti.

Nella notte delle elezioni americane del 5 novembre sono molte le ragioni per cui non bisogna aspettarsi un verdetto immediato: a differenza dell’Italia, dove il Ministero dell’Interno riceve i risultati e poi li comunica, il sistema di conteggio statunitense è decentralizzato e varia da Stato a Stato, arrivando persino a livello di contea. Ogni Stato raccoglie i voti dai vari seggi e li passa a una commissione statale che li conserva fino a dicembre. Solo allora il Congresso, con Camera e Senato riuniti, apre le schede, li riconteggia e certifica i risultati, in una procedura che si conclude agli inizi di gennaio alla presenza del vicepresidente in carica, l’attuale candidata democratica Kamala Harris.

La chiamata

Ovviamente non significa che non potremo conoscere il risultato dopo il voto o giù di lì: saranno i media più affidabili a dirci chi ha vinto. L’Associated Press ha storicamente il ruolo di “chiamare” il vincitore, a cui negli anni si sono aggiunte altre decision desk affidabili come CNN, CBS, NBC, Fox News e ABC. Anche se Fox News è pro-Trump, la sua decision desk mantiene una grande indipendenza editoriale. Ricordiamo sempre che, anche se ritenute attendibili, queste restano pur sempre proiezioni e non certificazioni ufficiali.

Tutti i seggi chiudono alle 23 ora di New York (5 del mattino in Italia), ma gli elettori in fila potranno votare anche con i seggi chiusi. Questo potrebbe ritardare ulteriormente i primi risultati, soprattutto in casi di alta affluenza: con una vittoria netta, il vincitore si potrebbe conoscere già durante la notte; ma in un testa a testa come quello previsto tra Trump e Harris, sarà più complesso e probabilmente lungo.

La situazione attuale richiama lo scenario della Florida nel 2000 più che il 2012: allora, il risultato della sfida tra Bush e Gore arrivò solo a dicembre, dopo un lungo riconteggio. Intervenne la Corte Suprema, fermò la procedura e assegnò la vittoria a Bush con soli 547 voti di margine. Nel 2012, invece, la riconferma di Obama venne annunciata già alle 23:48.

Voto anticipato

Da allora, e soprattutto a partire dal 2020, le cose sono ulteriormente cambiate: oggi, la maggioranza degli americani vota per corrispondenza. Nel 2020, circa il 63% degli elettori scelse di votare in anticipo, spinti dalla pandemia e dal timore per le code dei seggi al chiuso. Anche quest’anno si prevede una larga percentuale di voti inviati per posta, e questo potrebbe rallentare ulteriormente il conteggio e tenere il paese sospeso in attesa del verdetto finale.

Che impatto avrà sui risultati il voto anticipato? In Pennsylvania, Wisconsin, Georgia e Michigan, è consentito contare i voti per corrispondenza solo una volta finiti quelli di persona. È proprio questo che nel 2020 ha dato vita al cosiddetto “miraggio rosso“: con tanti elettori repubblicani a votare in presenza e i democratici per posta, sembrava che Trump avesse un netto vantaggio. Ma man mano che venivano contati i voti postali, Biden recuperava, fino a sorpassare l’avversario.

Faremo notte

Lo stesso potrebbe accadere anche stavolta, perché la Pennsylvania, con i suoi 19 voti elettorali, è cruciale per la vittoria. Si stima che dei suoi 9 milioni di elettori probabili, almeno il 40% abbia optato per il voto per corrispondenza: si tratta di ben 3 milioni e 600 mila voti da conteggiare, e tutti alla fine. Di conseguenza, le proiezioni della Pennsylvania non arriveranno prima delle 10 di sera (le 4 del mattino italiane), quindi a un’ora dalla chiusura dei seggi. Anche in altri stati chiave – Wisconsin, Michigan e Georgia – il verdetto è destinato a tardare.

La situazione si complica ancora perché dal 2020 in poi, alcuni swing states, in particolare Georgia, Arizona e Michigan, hanno riempito le commissioni elettorali di esponenti del movimento MAGA fedeli a Trump. Queste commissioni possono bloccare la conta dei voti su segnalazione di presunti brogli da parte di qualsiasi osservatore. I risultati non solo non arriveranno subito, ma potremmo dover aspettare ore, giorni o addirittura settimane prima di conoscerli. Una parte – repubblicana o democratica – potrebbe opporsi alla decisione della commissione elettorale e portare il caso in un tribunale amministrativo elettorale o addirittura alla Corte Suprema, prolungando ulteriormente i tempi. I francesi lo chiamano “casìn”.

Chi vincerà?

Se tutto scorresse liscio, senza obiezioni alla conta in Pennsylvania, Georgia, Arizona o Michigan, senza interventi della commissione elettorale, e con un candidato che prevalesse nettamente, potremmo avere un risultato la notte stessa delle elezioni. Ma è pura utopia: se scatta anche solo uno di questi intoppi, l’esito potrebbe slittare all’infinito, perché sono proprio gli stati in bilico a decidere chi effettivamente ha la maggioranza elettorale.

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